I fondi di Tremonti

Certo siamo solo al primo capitolo di una storia che si annuncia lunga e complessa e che deve mettere d’accordo istituzioni, governi, interessi in concorrenza e spesso contrapposti, ma anche se nella migliore delle ipotesi si parla del primo luglio 2011 per l’entrata in vigore della normativa, gli effetti previsti sono certamente devastanti e tali da rivoluzionare completamente lo scenario competitivo di un’industria che oggi è in una fase di crisi.

Infatti, la novità di maggior rilievo che sarà introdotta è la creazione di una sorta di passaporto europeo che permetterà di fatto a un prodotto autorizzato in uno Stato membro della comunità europea di essere proposto liberamente senza ulteriori autorizzazioni all’interno di tutti gli Stati membri della comunità.
 
Non c’è dubbio che questa opportunità aprirà una accesa competizione fra le piazze finanziarie al fine di proporsi come centro ideale per la creazione di società di gestione (in Italia SGR). E realtà come l’Irlanda e il Lussemburgo hanno già dimostrato una flessibilità e un’efficienza contro cui difficilmente l’Italia può dimostrarsi competitiva. Ma le novità potrebbero essere altre in quanto realtà nuove potrebbero nascere, in primis Cipro, da poco entrata nella comunità europea e desiderosa di ritagliarsi uno spazio. La partita si giocherà in termini di efficienza, flessibilità e costi contenuti. 
E qui l’Italia è al momento irrimediabilmente battuta.
 
Nel quadro della direttiva europea viene indicato poi che le società di gestione del risparmio debbano sottostare a requisiti quali un capitale di 125.000 euro e altri criteri di efficienza e onorabilità dei soci.
Tutto ciò in ampio contrasto con quanto stiamo vivendo in questi mesi a seguito degli scandali che hanno minato la credibilità dell’intero sistema dei servizi finanziari, dal caso Madoff al fallimento di banche primarie. Le dichiarazioni dei politici vanno nella direzione di stringere i controlli, limitare la libertà degli operatori e la possibilità di utilizzo di centri finanziari poco controllati. Non certo in linea con quanto prevede la normativa europea che consentirà alle società di gestione di offrire prodotti in tutta la comunità anche in libera prestazione di servizi, senza cioè avere una sede autorizzata e controllata nei vari Paesi.
 
Cosa potrà succedere in un contesto cosi aperto? Certamente l’offerta si complica, già oggi infatti esistono più di 10.000 fondi e sicav che sono autorizzati al collocamento in Italia e la selezione dei prodotti più efficienti è assai complessa. Se tale offerta si amplificasse ci troveremmo di fronte a una opportunità non facilmente gestibile dal comune risparmiatore. Probabilmente l’aumento dell’offerta obbligherà il sistema a una migliore efficienza in termini di costi, servizi e risultati dei prodotti offerti e questo è certamente un vantaggio per il cliente finale, ma la realtà ci insegna che quasi mai i prodotti migliori sono i più venduti e che le politiche distributive delle reti hanno sempre prevalso, ciò vale in particolare per le banche. Forse si porranno le basi per una profonda concentrazione del mercato con solo pochi gruppi di grandi dimensioni che dominano il settore cui si contrappone un limitato numero di gestori molto specializzati e molto di nicchia.
 
Già oggi in Italia il mercato è dominato da pochi gruppi, Intesa Sanpaolo controlla oltre il 25% del mercato, UniCredit il 16%, e i primi dieci gruppi concentrano quasi il 70% di tutto il risparmio gestito. Se tale fenomeno viene portato a livello europeo si può pensare che nei prossimi anni non oltre 50 gruppi si divideranno la torta di tutto il risparmio gestito, compreso l’enorme business dei fondi pensione.
I piccoli non sopravviveranno o forse resteranno solo ai margini del sistema e per brevi periodi prima di essere inglobati nelle realtà piu grandi.
 
Prevedibilmente si assisterà anche a una riduzione dei prodotti offerti con un indubbio vantaggio in termini di efficienza e di costi gestionali. In Italia è clamoroso il fatto che il leader di mercato, il gruppo Intesa Sanpaolo controlli oggi 13 diverse SGR che offono qualcosa come 334 prodotti; si tratta ovviamente di doppioni e di fondi spesso di piccole dimensioni del tutto inefficienti e assai costosi se si pensa a tutti gli oneri amministrativi e di rendicontazione che vengono imputati quotidianamente nella contabilità del fondo e che finiscono per essere pagati dai vari sottoscrittori. Certo questa situazione è il frutto di acquisizioni e del periodo di concentrazione che il mercato bancario italiano ha vissuto negli ultimi dieci anni, però i rimedi tardano ad arrivare.
 
La normativa europea Ucits IV prevede a tal proposito un’armonizzazione delle procedure di fusione tra i fondi a livello transfrontaliero, per razionalizzare quanto già esiste (nel caso citato il gruppo Intesa Sanpaolo ha fondi domiciliati in italia, in Lussemburgo e in Irlanda), e per evitare le duplicazioni di fondi dovute a differenze fra le leggi e i trattamenti fiscali dei diversi Stati. 
Il nostro ministro dell’economia Giulio Tremonti ha oggi una grande responsabilità e deve districare una matassa complessa, fatta di interessi contrapposti a partire dalla disparità di trattamento fiscale fra i fondi italiani e i fondi esteri che va rivista, ma che costerà all’erario circa 3,5 miliardi di euro di minor gettito fiscale.
E’ in gioco il futuro del sistema e coinvolgerà tutti: dai governi, agli organi di controllo, alle associazioni di categoria.
Ma se è per il bene dei clienti finali, i risparmiatori, tutto è giustificato e gradito. Di certo, così come siamo messi oggi, non si può continuare e tutti sono in discussione. Finalmente. 


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