Consulenti e grandi portafogli, storie di insolita normalità

Negli ultimi due anni ho cominciato a raccogliere interviste e testimonianze di miei colleghi consulenti finanziari, scegliendoli tra quelli che assistono un grande parco clienti, per cercare di realizzare una sorta di Vademecum, ossia un insieme di esperienze e di narrazioni da cui ciascuno potesse ricavare un insegnamento, dei consigli, delle idee per riuscire in una professione che sembra diventare ogni giorno più difficile e avara di soddisfazioni.

Via via che ho proceduto con le interviste, ho anche affinato i criteri della mia ricerca, così alla fine, i consulenti finanziari di cui troverete le biografie nelle pagine del libro sono accomunati, per così dire, da alcuni tratti oggettivi e da altri che potremmo definire caratteriali.

Innanzitutto, i consulenti che ho incontrato hanno un parco clienti con un controvalore investito dai 100 milioni di euro in su, da cui il titolo “Oh MMen”, che è l’acronimo di “One Hundred Million Men”.

Sono masse davvero cospicue, specialmente se le paragoniamo alla media del gestito dai consulenti finanziari italiani che si aggira intorno ai 8 milioni di euro pro capite.

Lavorano per lo più per grandi reti di vendita, ma spesso, anche all’interno di queste reti, sono “mosche bianche”, ossia personaggi più unici che rari e che non hanno molti riscontri. Appartenere a una rete importante, insomma, sembra essere una condizione necessaria per crescere fino a questi livelli stratosferici, ma non è certo sufficiente.

Terzo dato interessante è che non sono molti, tra questi grandi consulenti, quelli che fanno i manager, perché preferiscono farsi riassegnare i clienti piuttosto che fare i manager. Certo, tutti hanno un ufficio, a volte anche numerosi collaboratori, ma difficilmente coordinano altri consulenti finanziari. Quel che fanno è, invece, lavorare in proprio, assistendo i propri clienti in maniera autonoma. Per intenderci, non sono dei dipendenti, ma quasi sempre lo sono stati.

Ci sono anche altre costanti e altre variabili individuabili nelle interviste che ho raccolto fino a oggi. Per esempio, sullo stile di assistenza al cliente oppure su come ognuno di questi grandi consulenti raccoglie le informazioni, interpreta le congiunture di mercato e gestisce l’asset allocation del proprio cliente.

Poi ci sono anche quelli che hanno beneficiato del loro fattore c…. ovvero di essere al posto giusto nel momento giusto, avere un parente che lavora in un grande studio legale internazionale di M&A, oppure lavorare in banca internazionale con clienti italiani che hanno partecipato allo scudo oppure semplicemente avere avuto riassegnazioni di clientela dal direttore commerciale, dal gestore della banca o dal loro manager.

Ma per questa breve anticipazione vorrei soffermarmi su altri elementi, più peculiari e non necessariamente prevedibili.

Per esempio, la stragrande maggioranza dei nostri “One Hundred Million Men” mostra una grande solidità personale. Sono sposati con figli e hanno nella famiglia un valore di riferimento. A me pare chiaro, specialmente data la frequenza quasi assoluta con cui questo dato di solidità personale compare, che c’è un collegamento necessario tra il dato caratteriale e il successo nel lavoro. Probabilmente, i clienti percepiscono questa solidità, la interpretano (correttamente) come serietà e affidabilità nel tempo e quindi affidano loro volentieri i propri patrimoni.

Un altro elemento che ho notato è che i nostri “OH MMEn!” non hanno molti grilli per la testa e non perdono tempo. Sono poco presenti sui social e schivi. Lavorano molto e con molta determinazione. Più di uno mi ha rivelato di non fare vacanze o, se le fa, di unire l’utile al dilettevole e, quindi, di farle là dove può capitare più facilmente di fare new business.

Del resto, è una costante anche il fatto che gli OH MMen fanno il loro lavoro molto volentieri, per cui il fatto di “estenderlo” nel tempo e nello spazio è una conseguenza piuttosto naturale. E c’è un’altra cosa di cui tenere conto: la gran parte del lavoro è un lavoro di relazione. La dimensione della manutenzione del portafoglio finanziario del cliente per quanto indubitabilmente importante, è tuttavia secondaria (in gran parte dei casi) rispetto alla gestione dei rapporti personali, interpersonali. Molti dei loro portafogli hanno una componente importante di polizze Ramo 1, fondi e titoli obbligazionari e un massimo del 20% in fondi e titoli azionari.

Il che significa che siamo davanti a degli abili public relation men. Abili, ma genuini.

E che gran parte del loro successo sta proprio nella loro “normalità” – niente grilli per la testa, niente rischi, molta affidabilità. Una normalità piuttosto insolita, non c’è che dire, se permette di arrivare a queste vette!

Molte altre cose ci sarebbero da dire, ma ovviamente non voglio anticipare troppo, anche per non togliervi il gusto di scoprire da soli le varie caratteristiche degli One Hundred Million Men che potrete scaricare quando arriverò a 100 interviste. Se conoscete personaggi con un parco clienti superiore ai 100 milioni segnalatemeli, sempre che vogliano raccontarci la loro storia. Non temete per l’eventuale proposta economica che gli farò perché questi colleghi vogliono parlare solo con gli ad delle banche e sono difficili da smuovere.

Concludo dicendo che c’è molto da studiare e da riflettere. Cifre del genere non si improvvisano. Ovviamente, non si tratta mai di modelli da ricalcare – perché ognuno ha il proprio stile personale e questo non deve essere perduto. Ma certo, per chi si accosta a questa professione e per chi, già da tempo, la pratica, il confronto con consulenti finanziari di indiscutibile successo non può non fornire preziosi spunti di riflessione perché ci sarà sempre più spazio nuovi portafoglisti.

Ed è soprattutto questo il mio obiettivo, si può diventare un “One Hundred Million Men” ma bisogna far i passi giusti e le scelte giuste.

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