Banche, First Republic crolla a Wall Street

Tonfo di First Republic a Wall Street. La banca è crolla a nuovi minimi storici con il suo futuro che appare sempre più in bilico. Gli aiuti per 30 miliardi di dollari concessi dai maggiori istituti USA non sono riusciti a rassicurare, così come non ci sono riuscite le nozze fra Credit Suisse e UBS. E di fronte a una situazione che rischia di precipitare, con possibili onde d’urto su tutto il sistema, è allo studio un nuovo piano di salvataggio per rafforzare il capitale della banca.

A lavorare all’iniziativa è l’ad di JPMorgan Jamie Dimon che, come nel 2008, si impone sulla scena da protagonista.

Durante la crisi finanziaria Dimon si era guadagnato il soprannome di maghetto di Wall Street e molti sperano che possa ora compiere una magia per First Republic. Il suo primo tentativo non è andato a buon fine: l’aver messo insieme le 11 maggiori banche USA per assicurare alla banca 30 miliardi di depositi non ha spazzato via i dubbi sulla sostenibilità di First Republic. Ora insieme agli altri amministratori dei colossi statunitensi, Dimon studia la possibilità di convertire in capitale tutti o parte dei 30 miliardi di dollari accordati. Le trattative sono in corso e – secondo indiscrezioni – includono anche le autorità USA, impegnate nel fine settimana nel salvataggio di Credit Suisse che sembra aver fatto loro dimenticare, secondo i critici, i problemi in casa.

A pesare su First Republic sono la fuga dei depositi e i downgrade decisi da S&P, due in una settimana con i quali ormai il suo rating è ‘B+’. I 30 miliardi di depositi “potrebbero allentare le pressioni sulla liquidità nel breve termine ma – ha spiegato l’agenzia – potrebbero non risolvere le sfide sostanziali di finanziamento e redditività che la banca riteniamo stia affrontando”.

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