Risparmio gestito – Il rebus obbligazioni

Titoli di stato USA: la fuga verso i Tresaury – rendimenti decennali in forte caduta 

Continua la ripresa dalla congiuntura negli USA, ma il suo andamento rimane ancora al di sotto della media, soprattutto in relazione agli interventi di sostegno fiscali e di politica monetaria. Il mercato del lavoro e i mercati immobiliari restano relativamente deboli, mentre gli indicatori precursori e gli indici dei responsabili degli acquisti mostrano tuttora un certo rafforzamento soprattutto nell’industria produttiva. I redditi e gli stati patrimoniali dei consumatori USA fino ad ora hanno registrato un recupero relativamente contenuto. Il processo di riduzione del debito (“deleveraging”), riferito all’intera economia USA, è ai primi passi; rimane ancora molta strada da percorrere prima di poter raggiungere livelli di indebitamento da mantenere nel lungo periodo. L’aggravarsi del problema dell’indebitamento nell’Europa meridionale con il conseguente ulteriore peggioramento delle previsioni di crescita per la zona euro, e un’avversione per il rischio generalmente ancora in crescita, hanno indotto molti investitori a rifugiarsi nell’area relativamente più sicura dei titoli di stato americani. In seguito a ciò, i rendimenti decennali sono nuovamente rimbalzati dal limite superiore del loro range degli ultimi 12 mesi a circa il 4% e nel giro di poche settimane sono di nuovo calati intorno al 3%. Parallelamente sono crollate, soprattutto nel comparto a breve termine, le attese a livello inflazionistico valutate nel pricing dei titoli di stato USA indicizzati sull’inflazione. Per i titoli a 2-3 anni si è registrata una flessione da circa il 2% a meno dell’1 %. Questo fenomeno sembra conciliarsi con le prospettive economiche che ad oggi non lasciano intravedere quasi alcun segnale per un forte aumento dei prezzi al consumo. Più ancora, le tendenze deflazionistiche in relazione al deleveraging e all’abbattimento del debito potrebbero chiaramente rappresentare la maggiore preoccupazione per la banca centrale USA, almeno per i mesi a venire. Sembra che l’arsenale politico monetario utilizzato per combattere la deflazione sia esaurito e anche dal punto di vista fiscale i margini d’azione si stiano assottigliando sempre più. Applicando la regola di Taylor per determinare il tasso ottimale per la banca centrale, nonostante i numerosi ulteriori allentamenti “non convenzionali” della politica monetaria, si ricava attualmente un tasso di riferimento target attestato intorno al -3 %. Da questo punto di vista, dunque, oggi persino la politica del tasso zero sembra piuttosto restrittiva.  Secondo la nostra stima, per il 2010 negli USA si deve attendere una crescita reale intorno al 3,2 %. Considerati i gravi problemi strutturali dell’economia USA, nella migliore delle ipotesi ci si può aspettare per gli anni a venire un periodo abbastanza lungo di crescita moderata negli USA, al di sotto della media. 

Titoli di stato Europa: fuga massiccia verso i titoli di stato tedeschi 

Negli ultimi tempi, il tema dominante in Europa è stato senza dubbio il rapido incalzare della crisi delle finanze statali in Grecia e in altri paesi dell’Europa meridionale (Portogallo, Italia, Spagna, Irlanda). Quando nemmeno i forti aiuti alla Grecia sono stati più in grado di calmare i mercati finanziari, all’inizio di maggio UE, BCE e FMI hanno arrestato per il momento la spirale della crisi sui mercati finanziari, varando uno scudo salva euro da 750 miliardi di Euro per salvaguardare i paesi della zona euro. Tuttavia, la credibilità della BCE ne è uscita malconcia. La banca centrale ha approvato interventi che in precedenza aveva escluso categoricamente e di fatto sono stati soppressi, almeno temporaneamente, diversi principi fondamentali degli accordi di Maastricht e pietre miliari della politica portata avanti finora dalla BCE. Con questo i problemi strutturali a più lungo termine della zona euro non sono stati certo risolti. Economicamente la forbice che incombe sull’Europa continua ad aprirsi, dividendo l’Europa del Sud dall’Europa del Nord o dall’Europa centrale. Per l’euro si tratta di una prova molto seria, e siamo appena agli inizi. Riuscire a superare questo esame dipenderà decisamente dalla volontà e dalla capacità della politica di mirare ad un obiettivo europeo comune e di adottare e mantenere misure necessarie, per quanto impopolari, nei singoli paesi.  La crisi ha fatto schizzare verso l’alto anche i risk premium per i titoli di stato di altre nazioni UE con un rating scadente. Le preoccupazioni per una possibile dichiarazione di deficit interno in Ungheria ha messo sotto pressione i titoli di stato di paesi in cui le banche sono fortemente impegnate verso i paesi dell’Europa orientale (ad es. Austria e Italia). In parallelo si è assistito a una massiccia fuga verso i titoli di stato tedeschi, considerati un “porto sicuro” all’interno della zona euro. Di conseguenza, i suoi rendimenti sono crollati toccando un nuovo minimo storico. I titoli di stato tedeschi decennali ora danno un rendimento intorno al 2,6%, quelli biennali intorno allo 0,5%.  È difficile valutare in quale misura gli acquisti diretti di titoli di stato da parte della BCE falsino i prezzi effettivi di mercato. Dall’inizio del programma, la BCE ha acquistato un volume pari a 45 miliardi di Euro in titoli di stato dei paesi dell’Europa del Sud, senza rendere noti i dettagli dell’operazione. Soprattutto sembra che il suo principio sia quello di lasciare di proposito al buio i mercati, nel tentativo di impedire attacchi speculativi.  Con l’espandersi della crisi nella zona euro si allontana sempre di più la prospettiva di un aumento dei tassi da parte della BCE. Il quadro è aggravato dalla debolezza della dinamica congiunturale europea e dalle misure di risparmio statali che potenzialmente frenano la crescita in molti paesi UE. Per l’intero 2010 si attende una crescita reale nella zona euro dell’1,4 % e un tasso di inflazione pari a circa l’1,3 %. Complessivamente non si può escludere una leggera ripresa dei rendimenti a lungo termine, soprattutto per i titoli di stato tedeschi, quando la fuga attualmente in corso dovesse placarsi. Al momento non sono tuttavia presenti segnali che facciano presagire un imminente consistente rialzo dei tassi di interesse.

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