Woolnough (M&g): l’unica soluzione per l’Eurozona è la fine della moneta unica

Le misure adottate negli ultimi mesi per affrontare la crisi hanno contribuito a calmare i timori degli investitori circa le prospettive dell’Eurozona nel breve termine. Tuttavia, osserva Richard Woolnough, gestore del fondo Optimal Incombe di M&G, “ci sono segnali che questa ripresa abbia già cominciato a offuscarsi: a mio avviso, l’unica soluzione di lungo termine è  la fine della moneta unica”. “Finché esisterà l’euro, i Paesi dell’Europa periferica non saranno in grado di adottare le misure di politica economica necessarie – come ad esempio la svalutazione del tasso di cambio e l’aumento della spesa fiscale – che li aiuterà a superare i loro problemi strutturali. Senza questo, l’unico modo per cui la moneta unica possa sopravvivere nel lungo termine è secondo un modello che veda i Paesi più forti sostenere i più deboli”.  

 Ma cosa significherebbe per gli investitori il collasso dell’euro?  “Se l’Eurozona andasse in pezzi, essa porterebbe al deragliamento dei prezzi degli asset, ma non credo che sconvolgerebbe l’intera economia mondiale. Sebbene sarebbe un processo doloroso per molte aziende – in particolare per le banche europee – altre società si mostrerebbero molto più resistenti”. “Nel più lungo termine, credo che i costi di qualsiasi rottura sarebbero superati dal fatto che si avrebbe una migliore allocazione dei capitali e del lavoro al di fuori della moneta unica. Seguendo questa strada, il collasso dell’euro potrebbe portare a opportunità di acquisto per gli investitori in obbligazioni – proprio come successo con la fine del meccanismo del tasso di cambio nel 1992. Exchange rate mechanism”

Quanto agli Stati Uniti, “nel lungo termine, l’alto livello di debito pubblico del Paese appare preoccupante. Se il partito vincitore nell’elezione di quest’anno volesse proporsi di affrontare aggressivamente il deficit con un taglio della spesa per il welfare ad esempio, questo sarebbe negativo per l’economia Usa, ma probabilmente un bene per gli obbligazionisti. Ma non mi aspetto che ciò accada. In generale, sono comunque positivo circa le prospettive economiche Usa, la cui ripresa sembra essere a uno stadio più avanzato di quella europea”.

Sull’inflazione , “la nostra visione di lungo termine in M&G è che, finché si ha libero scambio e progresso tecnologico, ci si troverà in un ambiente deflattivo. Tuttavia, le prospettive di breve termine per l’inflazione dipenderanno molto dalle politiche adottate dalle banche centrali. Le aspettative anche sono molto importanti. Con una crescita economica probabilmente in ripresa, servirebbero solo un flusso di notizie più positive per un cambiamento nelle aspettative di inflazione. Questo potrebbe tradursi facilmente in un mercato ‘orso’ per le obbligazioni, per cui è meglio premunirsi con una duration breve”. “Ci sono poi ancora buone opportunità nel segmento high yield. Ma al momento non stiamo comprando aggressivamente nuove emissioni ad alto rendimento e abbiamo spostato un po’ della nostra esposizione lontano da questa asset class. Siamo più interessati in obbligazioni BBB con un po’ di rischio piuttosto che in emissioni high yield a breve scadenza”.

“Potrei decidere invece di aumentare la duration se le prospettive economiche deteriorassero in modo significativo o se ci fosse una nuova corsa alla sicurezza. Tuttavia, con i rendimenti dei bond vicini ai loro livelli minimi, preferisco una duration corta”. Analizzando per finire i finanziari, “tutto dipende dalle valutazioni: se i finanziari continuano a mostrare un miglior valore rispetto alle emissioni di altro tipo di aziende continuerò a comprarne. Tuttavia, credo ci sia ancora del potenziale nel settore. In base al risultato nella revisione della metodologia di Moody’s, potremo assistere a un’altra ondata di declassamenti e miliardi di euro in obbligazioni di banche potrebbero finire fuori dagli indici di investment grade. Le banche che rimarranno nel comporto investment grade saranno rivalutate, mentre quelle che ne rimarrano fuori subiranno vendite forzate proprio come è successo l’anno scorso al Portogallo, quando i titoli di stato persero il loro rating investment grade. Rimaniamo quindi molto prudenti circa i finanziari che abbiamo in portafoglio”.

 

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