Guerra dei dazi, facciamo il punto col gestore

La guerra commerciale è sempre al centro dei timori degli investitori internazionali. Questa volta vogliamo fare il punto in vista del prossimo F20 con un diretto botta e risposta con Naomi Waistell (nella foto), gestore del team Emerging and Asian Equity di Newton (BNY Mellon IM)

Crede che Trump e Xi troveranno un accordo per uscire dalla guerra dei dazi?

Sicuramente speriamo che il meeting di questa settimana rechi dei miglioramenti nei rapporti commerciali tra il Presidente Xi e Trump, tuttavia non possiamo basare la nostra strategia di investimento sull’esito specifico di eventi di questo genere. Nel corso dell’ultimo anno, tra gli alti e i bassi dei negoziati commerciali, i mercati si sono dimostrati volubili e inclini a cambiare orientamento a ogni tweet. A fronte di queste reazioni di breve termine, la nostra risposta è mantenere un orizzonte di lungo periodo, cambiando molto poco nella nostra strategia di investimento. Su questa base, un ribasso dei mercati azionari cinesi può offrire in realtà un punto di ingresso molto attraente su alcuni titoli specifici.

Quali sono gli esiti possibili delle discussioni?

La Cina non è immune dalle conseguenze di un diverso regime dei dazi, ma è ben posizionata per adattarvisi bene, grazie alle ampie dimensioni del mercato domestico. I consumi cinesi stanno superando quelli statunitensi, un trend molto importante per le aziende americane che guardano ai mercati esteri. Ci aspettiamo inoltre dei progressi sul fronte della protezione delle proprietà intellettuali. In questo contesto, molte società cinesi che operano nel settore in rapido sviluppo dei servizi hanno grandi opportunità di crescita dei flussi di cassa, ma tendono a scambiare a valutazioni relativamente basse in Borsa. Questo ci permette di trovare buone opportunità di investimento nel settore.

Quali sono i rischi principali connessi a un mancato accordo o a un inasprimento delle relazioni commerciali?

Crediamo che le dispute commerciali siano preoccupanti. Ingaggiare guerre sulle tariffe non rappresenta certo una panacea per nessun Paese, inclusi gli USA. Nonostante gli sforzi di Trump, una rinascita del settore manifatturiero è estremamente improbabile. L’impatto potenziale dei prezzi più alti sulle importazioni e dell’aumento dell’inflazione potrebbe determinare tassi di interesse più alti. A loro volta, questi metterebbero a rischio molti dei fattori di crescita dell’economia reale e dei prezzi azionari, che nell’ultimo decennio si sono basati essenzialmente sulla disponibilità di capitale a basso costo. Ciò sarebbe molto pericoloso per le economie che dipendono dalla crescita dei servizi e che hanno beneficiato di una bassa inflazione e di un debito a buon mercato. Le ripercussioni potrebbero essere molto ampie.

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