Imprese familiari italiane, più creative e in salute oggi di 10 anni fa

Imprese familiari più importanti oggi di 10 anni fa

L’importanza del capitalismo familiare nell’economia italiana cresce con il tempo per numero di aziende con fatturato superiore ai 50 milioni di euro, occupazione e incidenza sul fatturato totale, mentre i risultati delle imprese familiari sono tornati ai livelli ante-crisi. E’ quanto è emerso dalla decima edizione dell’Osservatorio Aub (Aidaf-Unicredit-Università Bocconi), presentata oggi in Bocconi e dedicata al confronto tra la fotografia del capitalismo familiare scattata dieci anni fa e quella odierna.

Fatturato e occupati in aumento

Le imprse familiari con fatturato superiore ai 50 milioni di euro erano 4.251 dieci anni fa, sono 4.597 (+8,1%) oggi; impiegavano 1.471.674 persone allora, ne occupano 1.885.771 ora; la loro incidenza sul fatturato totale delle imprese delle loro dimensioni è passata dal 32,5% al 37,5%, secondo i dati forniti da Camera di Commercio Milano Monza Brianza Lodi ed elaborati dall’Osservatorio, che analizza i bilanci di tutte le aziende familiari italiane e non di un semplice campione, come ricorda una nota.

Frena crescita ricavi ma migliorano Roe e Roi

Se il tasso di crescita dei ricavi, in dieci anni, è calato (dal 9,3% al 6,5%), resta comunque superiore a quello delle imprese non familiari (sceso dal 7,9% al 5,5%), mentre è stata recuperata la redditività pre-crisi e la solidità delle aziende familiari è addirittura aumentata. Il Roi è passato dal 9,5% al 9,6% e il Roe dal 9,6% al 13,6%, il rapporto tra posizione finanziaria netta ed Ebitda è sceso da 5,5 a 5 e il rapporto di indebitamento da 6,5 a 5.

Cosa è successo alle aziende dei vari settori

Delle 4.597 aziende censite quest’anno, solo 2.445 (il 53%) erano parte della stessa classe dimensionale dieci anni fa. Delle 1.806 non più presenti, 742 (il 17,4% della popolazione di dieci anni fa) sono entrate in procedure liquidatorie o concorsuali, 631 (il 14,8%) sono state oggetto di fusioni o acquisizioni, 254 (il 6%) sono scese sotto la soglia dimensionale dei 50 milioni di euro, mentre le altre hanno cambiato proprietà. I settori che hanno visto una maggiore crescita delle aziende familiari sono alimentari e bevande; meccanica; chimico-farmaceutica.

Le imprese familiari corrono da Monza a Napoli

Le province che hanno assistito a una più forte crescita del numero di imprese familiari sono Monza-Brianza (+62), Milano (+39), Vicenza (+32), Treviso e Napoli (+22 per entrambe). Il declino maggiore è quello sofferto da Modena (-21), Torino (-19), Padova (-12), Trento (-9), Verbano-Cusio-Ossola, Prato e Alessandria (-8 per ciascuna delle tre province). Si è anche assistito ad un progressivo invecchiamento dei leader delle aziende familiari. I leader con meno di 50 anni di età si sono ridotti dal 26,9% al 20,7% del totale, quelli al di sopra dei 70 anni sono aumentati dal 17% al 25,5%.

Mustier: imprese familiari più creative e flessibili

“Si vede dal rapporto”, ha commentato l’amministratore delegato di Unicredit, Jean Pierre Mustier, “un’espansione sia a livello territoriale che industriale: in particolare lo sviluppo di nuovi hub urbani e l’individuazione di nuovi settori in cui investire. L’85% delle piccole e medie imprese italiane sono familiari. In Europa, rappresentano la spina dorsale dell’economia europea, il 60% del valore aggiunto e il 70% dell’occupazione. Si adattano più facilmente ai cambiamenti del mercato. Hanno maggiore creatività e flessibilità”. Alla faccia di chi credeva che il capitalismo familiare italiano fosse destinato all’estinzione precoce, si potrebbe concludere.

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