Banca Mediolanum: recensione semi-seria del film “C’è anche domani” su Ennio Doris

Premessa d’obbligo: questa recensione del film C’è anche domani, incentrato sulla figura del fondatore di Banca Mediolanum, Ennio Doris, rappresenta esclusivamente il parere dell’autore. Ho inserito l’aggettivo “semi-seria” perché essendo fatta da me, giornalista economico dalle competenze in ambito cinematografico decisamente limitate (sebbene io ne sia appassionato fin da ragazzo e curi la rubrica Forbes Cineconomy con il collega Giovanni Aragona), questa recensione non può assumere una credibilità che vada al di là della semplice considerazione marginale e decisamente poco professionale. Ma ho comunque voluto farla perché ho avuto il piacere di essere stato tra i presenti alla proiezione milanese su invito dello scorso 15 aprile. Ebbene uscito dalla sala, dopo un commuovente finale corale con richiami chiaramente teatrali – tutti i protagonista sul “palco” – non posso certo dire di essere rimasto indifferente alla visione della pellicola. Tutto è, il film diretto da Giacomo Campiotti, al di fuori di un prodotto, e qui il termine non è causale, che lascia indifferenti.

In primis non lo è perché il protagonista è colui che ha dato vita ha una delle storie imprenditoriali più sorprendenti del nostro Paese, cioè Ennio Doris, esempio di riscatto sociale e figura chiave del mondo bancario italiano. Scomparso nel 2021, è stato capace di raccontare con passione la propria business story nel libro “C’è anche domani”, dal quale prende spunto l’omonimo lungometraggio. Tanti aneddoti e un racconto decisamente affascinante di un bambino che ha vissuto la povertà per poi ritrovarsi socio in affari di Silvio Berlusconi. Nel film esistono due piani narrativi: il primo vede il racconto della celeberrima reazione di Doris alla slavina finanziaria del crac Lehman Brothers, quando l’imprenditore di Tombolo decise di coprire a sue spese 120 milioni di perdite di 11.000 clienti di Banca Mediolanum. Il secondo piano invece dialoga con il primo attraverso una serie di flashback che ripercorrono la vita del protagonista, partendo dall’infanzia fino ad arrivare alla fondazione della realtà di Basiglio. Insomma, la materia prima per una sceneggiatura interessante c’era e c’è tutta.

C’è poi da considerare, per quel poco che può valutare la mia competenza, l’aspetto tecnico. E devo dire che anche su questo fronte il film si mostra tutt’altro che piatto. Gli attori e la recitazione risultano pienamente convincenti in tutte le scene, dalle più leggere a quelle più emozionali. Il suono è curato così come la colonna sonora – che vede anche la presenza di “Uomini soli” dei Pooh, pezzo amato da Doris – e lo stesso si può dire anche per la fotografia e il montaggio. Non c’è spazio per l’improvvisazione – al di là di qualche piccolissima e inevitabile imprecisione storica, come la presenza dei loghi attuali di Banca Mediolanum in alcune scene datate – e il film offre allo spettatore uno spettacolo tecnicamente di buona qualità, sicuramente capace di non sfigurare sul grande schermo (anche se poi sarà trasmesso in autunno su Canale 5).

Vi sono poi però alcuni elementi puramente soggettivi di valutazione e questi riguardano il tema dell’opportunità e quello delle occasioni mancate. In merito al primo elemento, viene da chiedersi cosa possa offrire di più al pubblico questo film rispetto alla lettura del semplice libro: al di là della modalità di fruizione di un racconto, il film, parere personale, è fin troppo fedele allo scritto e non offre particolari spunti di originalità. A questo aggiungiamo, spostandoci sul fronte delle “occasioni mancate”, che il personaggio di Ennio Doris appare un po’ troppo monocorde e con una caratterizzazione tendente al fiabesco. Emblematico è l’utilizzo di diversi momenti “onirici”, spesso supportati da accompagnamenti musicali che, seppur molto gradevoli, richiamano alla mente le melodie incantate di alcune pellicole di Tim Burton…con la “piccola” differenza che qui siamo in banca e non stiamo parlando di Edward mani di forbice. Nel film Doris è il buono per eccellenza, l’eroe infallibile e carismatico come nessuno, ma al tempo stesso fin troppo distante, nella sua rappresentazione cinematografica, dall’uomo comune, sebbene di umili origini. Ecco, magari rappresentarlo un po’ più umano, nel senso disincantato del termine, avrebbe forse giovato nella creazione di empatia con lo spettatore nei momenti chiave del racconto. Perché se c’è un obiettivo che penso Banca Mediolanum voglia portare avanti con la promozione della pellicola, è proprio quello di trasmettere in maniera il più possibile efficace al grande pubblico i valori e la vita di Ennio Doris (e quindi di riflesso di Banca Mediolanum); e per farlo, non me ne vogliano le politiche di comunicazione corporate, a mio avviso sarebbe stato più efficace limitare un po’ i toni da virgolettato commerciale nei dialoghi a favore di qualcosa di più spontaneo un po’ meno didascalico. Tanto in fondo, proprio come viene detto dal papà di Ennio in una scena molto dolce, “non sono le parole, ma quello che facciamo che racconta di noi”. Ed è per questo che Ennio Doris rimarrà Ennio Doris; al di là di un testo concordato, non abbiate timore.

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