Sogni infranti

I costruttori negli USA sentono ancora il colpo; e le aziende pure. Le aspettative forse si sgonfieranno un minimo  – e quindi tornerà  a circolare almeno un minimo di buon senso nei mercati – dopo gli Housing Starts e Prezzi alla Produzione USA usciti ieri peggiori delle attese. Intendiamoci: gli Housing Starts sono salite dello 0,5% rispetto al dato precedente; quindi qualche casa nuova si vende. Sono le aspettative che erano molto più esose e volevano un incremento del 4% – un incremento assurdo per il periodo in cui siamo.

Tra l’altro – forse da noi non se ne parla tanto – l’amministrazione Obama sta dibattendo su quali misure di sostegno impiegare per favorire le giovani famiglie. Quindi a dipendere da come il mercato reagisce e interpreta i progetti che potrebbero vedere la luce, il mercato si muove.  Un vecchio adagio dice che le espansioni e le contrazioni nel ciclo economico sono frutto della volontà politica di controllare la produzione e la redistribuzione della ricchezza secondo un principio di equità. Lo vediamo in piccolo anche con queste fluttuazioni del mercato immobiliare USA (che è noto rispondere più velocemente alle notizie).

Quale insegnamento si  può trarre da queste parole? Semplicemente che tenere un occhio sulle proposte del governo può aiutare a capire il mercato – un tassello in più del puzzle, se così lo vogliamo mettere.  Non dimentichiamoci in questo contesto che la disoccupazione (quasi al 10% in USA come nell’Eurozona) e le insolvenze rendono veramente difficile il lavoro di cantieri e agenti immobiliari: le insolvenze spingono a ribasso il valore immobiliare, perché i costruttori comunque vogliono vendere. Insomma, ci voleva forse un dato così per riportare con i piedi per terra gli agenti del mondo finanziario.

I prezzi alla produzione invece, usciti ugualmente inferiori rispetto alle attese (-0,6% rispetto a +0,1% atteso) rispecchiano la minor domanda di consumi privati e, secondo alcuni, prezzi del paniere energetico in calo (tranne il petrolio, ovvio). Chiaramente in questo periodo il consumo delle famiglie si sarà spostato su beni primari, quelli essenziali, il cui livello di consumo non si modifica tanto a dipendere dalle variazioni nel reddito delle persone. Viene “scremato” il consumo superfluo…e questa la dice lunga forse sulla composizione dei consumi USA.  Infine un accenno alla Bank of Canada: tassi fermi e out look per l’economia “neutrale”.

La BoC ha i piedi per terra, e finchè la produzione industriale, l’occupazione e i consumi privati non decollano, è meglio non decollare neanche con la fantasia.

La consueta parentesi di analisi tecnica ci porta a vedere un euro, tutto sommato, piuttosto stabile nella propria salita. L’idea di fondo è che il continuo tentativo di rottura dell’area di resistenza, compresa fra 1.4965 e 1.50 figura, con massimi sempre crescenti, possa portare nel breve periodo ad una decisione del mercato. La fascia di trading è piuttosto chiara e compresa fra il supporto di 1.4880 e la resistenza sopra descritta. Come consigliamo da tempo, attenzione ad un’eventuale rottura rialzista che porterebbe in dote molto spazio di apprezzamento della moneta unica.

Passiamo al dollaro yen, dove notiamo un movimento dei prezzi all’interno di un range ben definito e compreso fra 90.30 ed, una figura esatta più in alto, 91.30. Come consigliamo dalle ultime settimane, attenzione alla tenuta del supporto, che riaprirebbe scenari molto volatili.

È molto simile anche il movimento del cable: in questo caso consigliamo di prestare attenzione al supporto di 1.6345 ed alla resistenza di 1.6490.
Per concludere, è molto interessante la discesa del cambio EurChf: questa sta portando i prezzi molto vicino all’ultimo livello di intervento della Banca Centrale (SNB), facendoci propendere per un acquisto, nei pressi di 1.5070-80.

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