Fed, mai così incisiva negli ultimi trent’anni

A cura di Michael Bazdarich, Product Specialist di Western Asset, affiliata Legg Mason

Nelle ultime settimane, la Federal Reserve ha freneticamente annunciato una serie di provvedimenti finalizzati a placare il panico che si è generato sui mercati finanziari e nel sistema economico. Nello specifico, gli interventi diretti sul mercato del credito che la Fed ha annunciato la settimana scorsa potrebbero essere, a nostro parere, l’iniziativa più incisiva che la Fed abbia preso negli ultimi 30 anni, o addirittura nella sua intera storia.

Perché gli ultimi provvedimenti sono tanto importanti? Il fatto è che ampie fasce della comunità economica ritengono che, dallo scoppio della grande crisi finanziaria nel 2008, le politiche della Fed abbiano sortito pochi effetti (se non nessuno). Le misure presentate il 24 marzo potrebbero superare quest’inefficacia e permettere alla banca centrale degli Stati Uniti di influenzare nuovamente l’economia in modo significativo.

La politica economica della Fed, così come quella di qualsiasi altra banca centrale nel mondo, agisce sul sistema delle banche commerciali. Tassi d’interessi più bassi e una maggiore offerta di liquidità hanno lo scopo di stimolare i prestiti bancari e la creazione di moneta e quindi di aumentare la spesa nel sistema economico. Tuttavia, l’emergere di stringenti requisiti patrimoniali per le banche ha ostacolato questo processo.

Le banche centrali possono inondare il sistema di riserve, ma queste non sono capitale e le banche non possono prestarle se i loro bilanci sono deboli dal punto di vista del capitale, come è in genere durante una recessione, o se hanno timore che possano deteriorarsi.

Fino al 1990, i requisiti sul capitale erano generalmente disattesi in periodi di stress finanziario. Tuttavia, con l’entrata in vigore degli Accordi di Basilea, che impongono una serie di requisiti patrimoniali validi in tutto il mondo, e con la promulgazione della Sarbanes-Oxley, della Dodd-Frank e di altre leggi che impongono un assiduo controllo di questi requisiti durante tutto il ciclo economico, le banche hanno semplicemente smesso di utilizzare la liquidità che la Fed e altre banche centrali di mercati sviluppati iniettavano nel loro mercato finanziario.

Per esempio, con ripetute operazioni di quantitative easing, la Federal Reserve ha immesso ben 3 trilioni di dollari di liquidità nel sistema bancario statunitense. Il risultato è stato una crescita quasi equivalente delle quantità di riserve in eccesso detenute dalle banche, senza nessun aumento rilevante dei prestiti, della quantità di moneta o della crescita del sistema economico.

Ma le ultime iniziative della Fed hanno la possibilità di bypassare questi vincoli. Come dicevamo, il problema è che la Fed inietta liquidità, ma le banche non la distribuiscono. Ebbene, queste nuove misure scavalcano di fatto il sistema bancario.

La Fed, agendo assieme al Ministero del Tesoro e alla Small Business Administration, elargirà crediti direttamente alle aziende private, comprando le obbligazioni di quelle più grandi e concedendo prestiti a quelle più piccole.

Inoltre, e ugualmente importante, sembra che la Federal Reserve stia effettivamente ignorando i requisiti sul capitale imposti alle banche, permettendo loro di concedere prestiti a singole persone e società senza doversi preoccupare dell’adeguatezza del proprio capitale, almeno per un po’ di tempo. Gli annunci in questo caso sono stati velati e vaghi, com’è normale vista la normativa in vigore, ma è probabile che le banche recepiscano il messaggio.

Questa è la modalità in cui il sistema finanziario funzionava durante crisi o recessioni prima degli accordi di Basilea e della Dodd-Frank. Alle banche era concesso di far fluire il credito per rilanciare l’attività economica e i vincoli sul capitale venivano generalmente sospesi fino a che l’economia non si fosse ripresa. Sembra dunque che stiamo facendo un passo indietro nel tempo per poter fare un passo avanti rispetto al momento che stiamo vivendo oggi.

Infine, anche se la politica monetaria risultava ostacolata nella sua capacità di stimolare direttamente l’economia, aveva comunque ancora la capacità di intervenire su condizioni di mercato caotiche. Di nuovo, non ci sono prove evidenti che il Qe del 2008-2014 abbia direttamente stimolato la crescita economica; tuttavia, appare chiaro che le azioni della Fed durante l’autunno del 2008, che la portarono a inondare il settore finanziario di liquidità, abbiano contenuto il panico in quel periodo.

Nei mercati presi dal panico gli scambi non hanno più niente di normale, le valutazioni sembrano non contare nulla e tutto procede in una sorta di vuoto. Iniettando liquidità e acquistando in alcune aree specifiche, la Fed può riportare l’ordine.

Ci riuscì sul finire del 2008 nei mercati dei fed funds e dei commercial papers, e infine anche in quelli dei Treasury e delle obbligazioni societarie. Adesso, avendo espresso l’intenzione di acquistare direttamente azioni societarie, la Federal Reserve sembra pronta ad agire per calmare i mercati in modo diretto, essendo questi allo sbando come nei momenti peggiori del 2008.
Alcuni analisti lamentano che i fondi stanzati per questa operazione siano troppo pochi, ma a nostro avviso è un approccio miope. Ricordiamo che i mercati nel panico costituiscono un fenomeno a sé; per gettarli nel caos basta che una piccola quantità di fondi sia ritirata dal mercato al momento ‘giusto’. Per lo stesso motivo, non c’è necessariamente bisogno di acquisti ingenti per riportare l’ordine. Inoltre, in ogni caso, la nostra sensazione è che ora che la Fed e il Ministero del Tesoro hanno intrapreso questo corso, il Congresso fornirà loro qualunque “munizione” di cui hanno bisogno per proseguire.

È vero, tutto questo solleva questioni sui salvataggi da parte della Fed o del governo centrale, e di un’ingerenza eccessiva di questi nell’economia. Ma, almeno per il momento, queste problematiche sono ignorate, nel bene o nel male.

Per chiudere, i due grafici sottostanti possono essere esplicativi. Il primo mostra la curva dei rendimenti dei Treasury Bond e delle obbligazioni Long Baa (obbligazioni societarie a lungo termine classificate con rating Baa), durante la grande crisi finanziaria. La Fed non iniettò nemmeno un dollaro prima del 15 settembre del 2008, quando Lehman Brothers, Aig e gli altri istituti fallirono. Dopo quel giorno, la Fed ha aperto i rubinetti. I rendimenti dei TBond non hanno subito particolari flessioni all’inizio della crisi, nonostante l’economia stesse scivolando in recessione già dal novembre 2007. Infatti, fu solo da novembre 2008 che i rendimenti dei TBond si ridussero considerevolmente, e così i rendimenti delle obbligazioni societarie a lungo termine, dopo un forte rialzo iniziale.

In altre parole, la contrazione della liquidità non terminò immediatamente quando la Fed procedette a iniettare denaro; tuttavia, gradualmente, i rendimenti dei TBond hanno finito col ridursi e quelli delle obbligazioni societarie hanno fatto altrettanto poco dopo.

Torniamo adesso agli eventi presenti. Ovviamente, all’inizio i rendimenti dei TBond sono diminuiti, in concomitanza con la prima proliferazione del coronavirus sul finire di febbraio. Da notare che in quel periodo è calato anche il rendimento delle obbligazioni societarie. È stato all’incirca il 9 marzo che è iniziata una vera e propria crisi di liquidità. I rendimenti delle Long Baa si sono impennati e anche i rendimenti dei TBond sono cresciuti – con incrementi ancora più netti per gli off-the-run e i Tips.

Dunque, ciò che era cominciato come un panico legato al sistema economico si è trasformato recentemente in un panico da liquidità. Stavolta la Fed è entrata in azione prima e ha allargato la portata delle sue operazioni più velocemente rispetto alla crisi del 2008. La speranza è che questo faccia scemare presto almeno quegli elementi del recente sell off legati alla paura. Quelli legati ai danni all’economia difficilmente potranno essere alleviati, ma cercare di calmare i mercati non è mai un errore.

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