Carmignac, il punto della settimana sui mercati (20 – 24aprile 2020)

Vi proponiamo di seguito il commento settimanale a cura di Carmignac. Buona lettura.

Quadro di riferimento per comprendere l’attuale dinamica dei mercati

Lo shock di uno stop quasi totale dell’attività economica globale è stato così violento da mettere in luce tutte le fragilità delleeconomie e di un sistema finanziario globale già molto debole per via della leva finanziaria dopo 10 anni di costi del debito agevolati. Successivamente, circa un mese fa, siamo passati a una fase di instabilità, caratterizzata dall’impatto dello shock e dalle reazioni dei policy-maker. In questo contesto diventa fondamentale comprendere il sentiment del mercato per potersi orientare nei vari movimenti dei mercati. Per questo motivo,l’analisi tecnica e quella quantitativa vengono ampiamente utilizzate su base quotidiana in questo momento.

In mercati di questo tipo spesso si assiste a un’incredibile dispersion tra e all’interno dei settori

Quando l’economia si stabilizzerà potrebbe esserci un maggior grado di dispersion, in quanto alcune aziende saranno uscite da questa crisi guadagnando quote di mercato, con un potere di controllo sui prezzi rafforzato, mentre altre aziende non esisteranno più, a causa della mancanza di ricavi per diversi mesi. Di conseguenza, la costruzione del portafoglio acquista almeno la stessa importanza della gestione dell’esposizione azionaria. Se analizziamo la performance di Carmignac Investissement, un fondo azionario globale di stock picking, si rileva che nonostante l’esposizione azionaria sia stata poco gestita il fondo ha perso solamente il 3,2% rispetto all’indice MSCI global equity, cheinvece è sceso del 15%.

Il crollo del prezzo del petrolio, che ha raggiunto i minimi storici questa settimana, va analizzato in questo contesto

Nonostante ci siano dei motivi tecnici molto specifici legati alla disponibilità di stoccaggio per cui il prezzo del WTI della consegna overnight è entrato in territorio negativo, la performance del prezzo del petrolio è un elemento molto significativo. Grazie ad esso possiamo infatti comprendere il grado di dislocazione che può verificarsi in un mercato quando si assiste al crollo della domanda in concomitanza di un’offerta principalmente rigida. A tal proposito, è difficile comprendere come possa avvenire un riequilibrio tra domanda e offerta nel settore petrolifero senza che si verifichi una vera e propria contrazione dell’offerta, ovvero con il fallimento di alcuni produttori. Inoltre, questo crollo dei prezzi del petrolio rappresenta uno shock specifico concreto, che si aggiunge all’impatto generale che avrà sull’economia statunitense. Il vero problema degli shock sono le onde d’urto che vengono generate, che possono avere un impatto distruttivo, anche ritardato, quando queste si accumulano. Nello specifico ci stiamo riferendo all’impatto sulla fiducia, sull’industria petrolifera negli Stati Uniti, ma anche in Medio Oriente, in Africa, in America Latina, sulle relazioni geopolitiche (gli Stati Uniti rischiano di perdere la loro indipendenza energetica), sulla stabilità monetaria, ecc.

La realtà dei danni economici

I mercati hanno ormai ben compreso lo shock economico a breve termine, anche se i dati di marzo e aprile potrebbero ancora essere sconvolgenti. Inoltre, si sta sempre più affermando la convinzione di essere quasi arrivati alla fine dell’emergenza sanitaria, quindi i mercati stanno iniziando a pensare a quale forma avrà la ripresa economica dopo la crisi. È necessario che tutti comprendano come sarebbe una ripresa a forma di “V”, che va oltre l’immediato effetto base: si tratterebbe infatti di un rimbalzo economico che rimetterebbe la crescita economica almeno nelle condizioni pre-crisi. A nostro avviso, però, ci vorranno diversi trimestri prima che questo di verifichi. Anche nello scenario che prevede un rapido calo della pandemia, ci aspettiamo che i consumatori adottino un atteggiamento diffidente in merito a una possibile seconda ondata di infezioni, con le aziende che contestualmente saranno più inclini a sistemare i propri bilanci piuttosto che a spendere. Ci aspettiamo anche una scarsissima cooperazione internazionale tra i governi, se non addirittura una vera e propria tensione, in particolare tra Cina e Stati Uniti, che peserà sul commercio globale. I policy-maker dovranno sicuramente continuare a lavorare duramente per evitare una ricaduta deflazionistica, anche se riteniamo che la loro capacità di rilanciare la crescita economica attraverso l’azione politica sarà piuttosto limitata, poiché dovranno fare i conti con bilanci sono poco solidi.

Quindi, fin quando la capacità produttiva non sarà effettivamente distrutta e i consumatori non saranno pronti a ridurre nuovamente i propri tassi di risparmio per permettere all’inflazione di salire di nuovo, supportata da tutta la liquidità immessa nel sistema, e fino a quando le aziende non riprenderanno a investire, riteniamo che il futuro prossimo sarà ancora caratterizzato da un mondo a bassa crescita, bassa inflazione, motivo per cui la costruzione del nostroportafoglio azionario è incentrata su aziende dalla crescita secolare.

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