La Cina vive una crisi di fiducia

A cura di Michael Lai, direttore investimenti per l’Asia di Gam
I mercati cinesi hanno avuto un inizio d’anno debole, in linea con il sell-off che ha investito la maggior parte degli asset rischiosi a gennaio, dato che gli investitori si sono concentrati: sull’indebolimento del prezzo del petrolio, sulla futura traiettoria dei tassi d’interesse americani, sulla confusione politica e le incertezze legate al renminbi e ai deflussi di capitale.
Noi crediamo che ci sia stata un crisi di fiducia a causa dei dubbi legati alle recenti decisioni politiche riguardo a due tematiche. In primo luogo, il timing poco appropriato dell’introduzione dei circuiti breaker. Il provvedimento, nato con l’obiettivo di ridurre la volatilità, ne ha, al contrario, generato un livello più alto dato che i volumi del mercato sono dominati dagli investitori retail che rappresentano circa l’80% del volume complessivo.
La regola dei circuiti breaker è stata rapidamente abbandonata lo scorso 8 gennaio quando i policy makers si sono resi conti che il provvedimento contribuiva ad un incremento della volatilità. E riteniamo si tratti di un intervento positivo per permettere al mercato di ricercare il suo vero equilibrio naturale.
In secondo luogo, la rinnovata debolezza del renminbi a partire da dicembre in seguito al cambiamento inaspettato durante lo scorso mese di agosto della politica governativa sulla valuta, che ha contribuito ad incrementare il livello di preoccupazione in merito al fatto che la Cina stesse facendo ricorso alla svalutazione per far accelerare la sua economia, incrementando di conseguenza le pressioni svalutative globali della Banca Centrale del Giappone e della Bce.
Gli Stati Uniti hanno appena iniziato il loro percorso di revisione al rialzo dei tassi d’interesse e quindi la loro policy, diversa da tutte le altre aree geografiche a livello mondiale, porta con sé il rafforzamento del biglietto verde e i deflussi di capitali dagli Emergenti. E quindi è inevitabile assistere a qualche forma di debolezza da parte della valuta cinese.
Inoltre, il renminbi si è apprezzato in maniera significativa a partire dal 2005 (da un cambio RMB/USD pari a 8,3 nel giugno del 2005 ad un livello di 6,05 nel primo trimestre 2014 – nel momento di maggior forza del renminbi – fino ad un cambio a 6.576 lo scorso 29 gennaio). Ed è fisiologico attendersi qualche inversione di tendenza alla luce della forza del dollaro. Va notato che, dall’inizio dell’anno il renminbi si è deprezzato solo di circa l’1,3%, ma la reazione dei mercati azionari a gennaio è stata molto accentuata.
Imputiamo questo a una comunicazione povera, piuttosto che a un continuo peggioramento dei fondamentali. Le autorità stanno proseguendo su una linea sottile cercando di fornire sufficiente stimolo tramite le politiche monetarie e fiscali per attutire il rallentamento della crescita, ma sono allo stesso tempo limitati dal debito e dai parametri monetari.
Inoltre, su larga scala, il governo vuole continuare con le riforme strutturali per passare da una economia basata sugli investimenti e sull’export ad un modello basato sul consumo e sui servizi. Il governo ha cominciato a enfatizzare le riforme sul fronte dell’offerta e abbiamo sempre più notizie riguardo all’eliminazione della portata massima nei settori del cemento e dell’acciaio. Ma speriamo di vedere più interventi, più trasparenza e più realizzazioni effettive. Per questo, una politica che indebolisca significativamente il renminbi ci sembra controintuitiva.
Per concludere, rimaniamo costruttivi sull’economia, nel senso che la trasformazione verso un’economia basata sui servizi si sta concretizzando proprio sotto i nostri occhi. Vero è che si tratta di un’economia a due velocità visto che le aree ancora interessate dalla vecchia economia restano sfidanti con situazioni di eccesso di capacità produttiva e di rallentamento della domanda strutturale.
La volatilità valutaria riflette in larga parte sia la scarsa attitudine del governo nel gestire comunicazioni sensibili (cioè nello spostarsi da un indice legato, in pratica, esclusivamente al dollaro, a uno paniere ponderato rispetto a diverse valute) sia un rafforzamento favorevole del biglietto verde. Le valutazioni sono ancora una volta nella parte più bassa del range storico di scambio e per un investitore di lungo periodo rappresentano un interessante punto di ingresso.

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