Riflessioni sul rialzo dei tassi Usa

A cura di Eric Lonergan, M&G Investments
I mercati continuano ad essere ossessionati da variazioni di scarso rilievo delle aspettative ufficiali sui tassi d’interesse statunitensi. Il FOMC ha definito ragionevoli almeno tre incrementi durante l’anno prossimo, quindi solo uno in più rispetto ai due citati nelle previsioni precedenti. Non c’è nulla di cui sorprendersi. Considerando i livelli di partenza dei tassi d’interesse, la relativa insensibilità della spesa rispetto ai tassi sui Fed fund e le politiche pro-cicliche annunciate dalla nuova amministrazione USA, è decisamente possibile che il costo del denaro aumenti molto più di quanto il FOMC si aspetti attualmente.
I mercati avevano già scontato il rialzo muovendosi di conseguenza, pertanto la reazione immediata è stata logica, anche se relativamente modesta, nel contesto della volatilità creata dalla vittoria di Trump. Il dollaro ha registrato un rimbalzo, la curva dei rendimenti si è appiattita e le azioni delle grandi banche commerciali statunitensi, prime beneficiarie degli interessi più alti sui fondi federali, stanno sovraperformando un mercato fiacco.
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I mercati sembrano tuttora poco preoccupati di quanto potrebbero aumentare i tassi d’interesse negli Stati Uniti nei prossimi due anni. Il grafico che segue mostra il tasso effettivo sui Fed fund scontato dal mercato dei future. Entro dicembre dell’anno prossimo, secondo le aspettative i tassi saranno all’1,3% e la variazione attesa nel 2017 non è molto diversa da quella indicata nelle previsioni di metà anno.
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La Fed dovrebbe accogliere con favore le intenzioni di adottare politiche pro-cicliche della nuova amministrazione. Una dose di spirito imprenditoriale alla Trump potrebbe essere esattamente quello che serve per dare una marcia in più, o magari due, alla crescita dell’economia americana, consentendo ai banchieri centrali di smuovere i tassi dallo zero e riportarli intorno al 3-4%.
Vale la pena di ricordare che, proprio come i tassi d’interesse sempre più bassi a un certo punto si sono dimostrati controproducenti, il loro rialzo potrebbe essere meno negativo del temuto (o rivelarsi addirittura positivo, come direbbe il “neo-fisherismo”). È più che possibile che le banche allentino le condizioni di prestito in risposta ai margini più elevati e, se l’ottimismo nell’ambiente societario si traduce in un mercato del lavoro più rigido e in aumenti salariali, la domanda finale potrebbe risultare immune ai tassi d’interesse maggiori così come lo è stata nei confronti dei tassi mondiali sempre più bassi negli anni recenti.
Una conseguenza possibile è l’ampliamento del divario fra le dinamiche economiche negli Stati Uniti e in Europa, già messo di nuovo in evidenza dalla mossa della Fed. Mentre i titoli biennali USA sono al livello più alto da sette anni a questa parte, quelli tedeschi di pari scadenza sono ai minimi di sempre.
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