Europa, l’importanza (sottovalutata) degli investitori passivi

“Siamo rimasti sorpresi dall’aver riscontrato che molte società europee non avevano mai interagito, tra i propri investitori di lungo termine, con quelli orientati alla gestione passiva, forse ritenendo che a tali soggetti non importassero la performance, i bilanci o la corporate governance delle società”. Lo scrive Adrienne Monley, Responsabile Investment stewardship di Vanguard in Europa, nel suo commento dal titolo “Investment stewardship in Europa e altrove”.

Negli Usa, l’engagement con gli investitori passivi è maggiormente diffuso, forse a causa del successo storico delle strategie di indicizzazione, spesso un elemento chiave dei piani pensionistici statunitensi.

“In Europa – prosegue Monley – gli investimenti passivi sono ancora in una fase di crescita e l’engagement con gli investitori orientati verso gli indici è una prassi recente. Di conseguenza, nei nostri primi incontri con le società tocchiamo spesso argomenti più generali e discutiamo di come il nostro approccio all’investment stewardship sia differente rispetto a quello dei gestori attivi. I gestori passivi potrebbero essere definiti come azionisti strutturalmente permanenti. Dopotutto, essi investono in una società se e nella misura in cui questa è presente in un determinato indice. In Vanguard, ad esempio, partiamo dalla premessa che i nostri fondi investiranno in una società per sempre. Questa posizione a lunghissimo termine è alla base del nostro approccio all’investment stewardship. Ci concentriamo su come le prassi di corporate governance di una società sosterranno la creazione di valore sostenibile nel corso degli anni e dei decenni – e non di mesi o trimestri”.

Un approccio concreto agli ESG

“Poiché siamo un investitore orientato sul lungo termine, e siamo impegnati a far sì che i nostri investimenti siano sostenibili, consideriamo le questioni ESG attraverso la lente della concretezza. Quando analizziamo tali questioni valutiamo se e dove queste possano incidere in modo rilevante sulla performance finanziaria della società”.

La mappa della materialità del Sustainability Accounting Standards Board (SASB) offre ottimi principi sulle problematiche legate alla sostenibilità che potrebbero incidere sulla performance finanziaria od operativa delle società o a livello di settore.

Per Monley, l’Europa sta dimostrando grande attenzione alle potenziali implicazioni finanziarie delle questioni relative alla sostenibilità. Non tutte le società, tuttavia, adottano il medesimo approccio in merito a ESG e materialità. Vi è il rischio che gli investitori e le società possano perdere troppo tempo su questioni non rilevanti rispetto a quelle che portano reale valore a lungo termine.

La sostenibilità in Europa

I fattori che incidono concretamente sulla sostenibilità possono assumere diverse forme a seconda dei vari paesi e settori. Questo dipende da specifiche forze competitive, dalla normativa, dagli interventi governativi, dalle preferenze e dalla domanda dei consumatori e dalle considerazioni ambientali e sociali. Per esempio, nel settore oil&gas la gestione dei rischi fisici, normativi e reputazionali connessi alle emissioni di gas serra è una preoccupazione chiave per la sostenibilità, mentre nel settore dei beni di largo consumo la gestione della supply chain e della sicurezza e qualità dei prodotti è probabilmente più importante. Perché una società veda crescere il proprio valore nel lungo periodo, e perché gli investitori conseguano i propri obiettivi a lungo termine, è essenziale l’attenzione consapevole e il monitoraggio dei rischi rilevanti.

“Nell’ultimo anno – specifica Monley – il nostro team ha interagito con oltre 120 società europee e la sostenibilità era un tema chiave in molti di questi casi. Nella nostra esperienza, le società europee sono disponibili a discutere e a condividere il proprio approccio su queste problematiche, comprese le questioni che attirano l’interesse del pubblico, quali i rischi climatici. Molte società, inoltre, comunicano attivamente con gli stakeholder – quali gruppi di dipendenti, organizzazioni non governative, accademici e altri soggetti – sulle questioni legate alla sostenibilità.

In tutta Europa vediamo società che promuovono una maggiore trasparenza sulle questioni legate alla sostenibilità, un approccio che condividiamo, in particolare quando riguarda prassi rilevanti per la creazione di valore a lungo termine. Questa sempre maggiore propensione verso la trasparenza non deve sorprendere, in quanto molti paesi e società europei hanno sposato gli intenti dell’Accordo di Parigi, sostengono gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’ONU o adottano obiettivi analoghi. Persino società attive in settori di norma non collegati alla sostenibilità, o addirittura direttamente connesse ai rischi climatici, sembrano interessate”.

Buona governance significa buona comunicazione

Alla base della sostenibilità a lungo termine vi sono comunque buone prassi di corporate governance e, cosa molto importante, le responsabilità del consiglio di amministrazione. Oggi, gli investitori si aspettano che il board comprenda e monitori i rischi rilevanti che possono incidere sul futuro della società, quali i rischi informatici o relativi ai dati, i rischi climatici e la gestione delle risorse umane.

Da parte loro, si chiede alle società di comunicare e rendere noti i propri rischi rilevanti in modo chiaro e utile per gli investitori. Questa è una priorità critica per gli investitori che devono comprendere le questioni che incidono sulle società presenti nel loro portafoglio e attribuirvi un valore corretto.

“Incoraggiamo le società a valutare l’adesione a schemi sensibili, come il SASB for overarching material risks e la Task Force on Climate-related Financial Disclosures (Tcfd), con specifico riguardo ai rischi climatici. Anche se stiamo già vedendo alcune società che adottano sistemi di reporting potenziati su certi rischi rilevanti, tale approccio non è ancora coerente in tutto il mondo. A livello mondiale, la Tcfd ha oltre 500 sostenitori, che rappresentano una capitalizzazione di mercato complessiva di oltre 7,8 trilioni di dollari Usa. Questi soggetti sono costituiti da 457 società e 56 organizzazioni, quali associazioni di settore e governi (Fonte: Tcfd, al settembre 2018). Sebbene le regole del Sasb siano state pubblicate solo recentemente – nel novembre 2018 – il numero di società che ha già aderito sta crescendo rapidamente. Secondo l’organizzazione, vi sono attualmente 69 società che pubblicano report allineati alle regole Sasb, mentre molte altre centinaia si rifanno al Sasb in relazione a ciò che esse ritengono rilevante”.

In modo analogo, le iniziative di settore in tutto il mondo hanno l’obiettivo di migliorare la corporate governance e l’investment stewardship sul lungo periodo. Esse vanno dai principi di governance e stewardship (quali il Codice di Stewardship del Regno Unito, l’Investor Stewardship Group degli Usa e i Principles for Responsible Investment a livello globale) per migliorare gli standard di rendicontazione (compresi Sasb e Tcfd). Questa crescente attenzione verso la catena di valore degli investimenti a lungo termine è incoraggiante.

“In conclusione, se investitori, società e regolatori riuscissero ad allinearsi in modo ampio su obiettivi condivisi a lungo termine, avremo un’importante opportunità per adottare regole comuni”.

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