Asset allocation, Cina: rischi nel breve, ma buone prospettive nel medio termine

“L’MSCI China ha nettamente sottoperformato negli ultimi mesi l’S&P500, l’MSCI EMU e l’MSCI EM ma, a nostro avviso, molte notizie negative sono già state scontate e ora il paniere appare significativamente sottovalutato da diversi punti di vista, utilizzando approcci alla valutazione sia a breve che a lungo termine con multipli medi di mercato a sconto del 26% rispetto alla loro storia”. A farlo notare è Michele Morganti, head of Insurance and Asset Management Research presso Generali Investment, che di seguito spiega nel dettaglio la view sul mercato cinese.

L’indice MSCI China si posiziona inoltre al primo posto nel nostro country valuation score (che utilizza varie metodologie di valutazione) tra 45 mercati, seguito da vicino dalle azioni cinesi di classe A (posizione 4).

Sebbene la dinamica degli utili appaia ancora debole relativamente a quella del mercato USA, l’MSCI China rispetto all’S&P 500 è rimasto ancora più indietro e prevediamo che il 1° trimestre sarà il quello con la crescita economica più debole nel 2024.

Inoltre, basandosi esclusivamente sull’andamento storico della bolla giapponese (dal ’90), il mercato azionario cinese (sebbene oggi estremamente più sottovalutato rispetto al Giappone in quel momento) potrebbe scendere limitatamente da qui nei prossimi mesi, per poi risalire nell’arco di sei mesi, sempre che l’esperienza giapponese si ripeta.

Detto questo, le esportazioni rimangono sottotono e l’indicatore anticipatore del ciclo in calo insieme alle sorprese macro e le revisioni degli utili.

In sintesi, vediamo ancora qualche rischio nel breve termine, in quanto la politica economica ha poche possibilità di diventare troppo aggressiva. In effetti, un intervento audace sui tassi non è probabile a breve, poiché uno yuan più debole potrebbe innescare ulteriori deflussi di investimento dall’estero e innervosire i partner della Silk Road. A questo proposito, i prossimi tagli della Fed forniranno al governo cinese un maggiore margine di manovra per sostenere la propria economia, anche se sul fronte geopolitico la vittoria di Trump rimane un potenziale rischio per la dinamica dell’export e il settore tecnologico.

A medio termine, le prospettive sono più interessanti: infatti, anche qualora le revisioni negative degli utili dovessero protrarsi per qualche altro tempo ancora, gli analisti al momento prevedono una crescita piuttosto elevata degli utili, di circa il 15% sia nel 2024 che nel 2025. Le valutazioni sono già estremamente basse e nei prossimi mesi la politica monetaria e fiscale avrà maggiori possibilità di divenire più accomodante.

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