Basilea 3, rischio di stretta sul credito

di Giuseppe De Lucia Lumeno

Facciamo nostro l’aforisma di Giulio Tremonti: «Le regole giuste sono un investimento, le regole sbagliate sono un costo». Buone regole sono importanti per l’attività dell’impresa, inclusa quella che esercita l’intermediazione bancaria e finanziaria. Anzi, per quest’ultima probabilmente l’importanza di “giuste” regole globali è ancor più rilevante, Lo dimostrano da sempre gli effetti ampi sull’economia reale e in particolare sui soggetti più deboli come le PMI, evidentissimi nel caso dell’attuale complessa crisi in cui sono immerse le economie occidentali. 

La questione di fondo che si pone allora è non “se” intervenire in profondità, ma “come”. La scadenza di fine 2010, stabilita dal G20 di Pittsburgh nel settembre 2009, offre sufficienti garanzie che le nuove regole sul capitale e sulla liquidità delle banche (la cosiddetta Basilea 3) possano essere adeguatamente valutate nella loro portata complessiva? 
E se sussistono non pretestuose perplessità, perché sottoporre ad esse anche le banche che prevalentemente e tradizionalmente fanno credito alle PMI, in primis le banche cooperative?

Seri dubbi sono espressi da diverse parti, sia da studiosi qualificati di banche centrali e indipendenti sia da settori bancari certamente non appartenenti al circolo della finanza speculativa quali le banche cooperative europee, ritenute unanimemente pilastri di stabilità. Se ne trova indiretta, ma chiara, traccia nella stessa lettera del presidente del Financial Stability Board inviata ad aprile scorso ai Ministri dell’Economia dei paesi interessati in cui si faceva il punto della situazione del vasto insieme di interventi diretti a creare una architettura del sistema finanziario planetario a prova di shock sistemici. Passiamo in rapida rassegna le principali indicazioni che provengono dagli specialisti e dall’Associazione delle Banche Cooperative Europee (EACB). In tal modo ci auguriamo di riuscire a chiarire la ragione per la quale si ritiene razionale e opportuno che il prossimo G20 di Toronto non si faccia soggiogare dalla tempistica a suo tempo stabilita (al momento della chiusura del mensile l’evento non si è ancora svolto, ndr). La crisi finanziaria ha evidenziato due gravi debolezze nell’architettura di Basilea 2. La prima è costituita dal suo carattere prociclico (le sue regole esaltano la fase ciclica che attraversa l’economia), su cui si è molto soffermata l’attenzione dei ricercatori già agli esordi della nuova architettura di supervisione, purtroppo senza effetti pratici sul quadro normativo. Ora sono oggetto di specifiche misure che prese isolatamente appaiono adeguate, ma, essendo in combinazione con diverse altre, non è ancora chiaro quali effetti attesi possano determinare sull’attività creditizia dei diversi tipi di operatori e in definitiva sulle future possibilità di finanziamento del settore reale. La seconda debolezza, non meno grave della prima ma più complessa da cogliere, è la misurazione scorretta, in quanto non integrata, del rischio “globale” (intendendo per tale la misurazione di tutti i rischi rilevanti) assunto dall’intermediario, che può influire sulla sua prudente gestione. Il tema è stato affrontato sin dal 2006 da un apposito gruppo di studio del Comitato di Basilea sulla Supervisione Bancaria.

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