G7: intervento efficace?

E’ giunto il momento di analizzare l’intervento congiunto da parte delle Banche Centrali dei Paesi G7 per cercare di capire quali potranno essere gli effetti nel medio periodo. Se osserviamo un grafico del UsdJpy, il vero benchmark da considerare per poter giudicare la bontà dell’intervento, le conseguenze dell0’azione di settimana scorsa sembrano essere positive. Facciamo un passo indietro prima di addentrarci nel nostro ragionamento. Ora infatti, ci risulta più semplice andare a vedere i motivi che stanno alla base del fortissimo apprezzamento fatto registrare dalla valuta nipponica la scorsa settimana. Se ricordate, proprio su queste pagine abbiamo ragionato insieme sulle possibili cause ed abbiamo individuato due motivi: le speculazioni sui possibili rientri di capitali in Giappone per poter ripagare i danni causati dal terremoto ed il processo di avversione al rischio innestatosi per la paura che la borsa giapponese potesse crollare.

Bene, il primo fattore ha inciso sulla partenza del movimento a ribasso del UsdJpy, mentre il secondo ha, come si suol dire, gettato benzina sul fuoco, amplificando il movimento. Ora che abbiamo a disposizione più dettagli, possiamo affinare la lettura che abbiamo dato alla situazione. I rientri di capitali infatti non sembrano essere ingenti come stimato dal mercato subito dopo il disastro terremoto-tsunami, in quanto le compagnie assicurative fanno sapere, con la conferma della BoJ, che non stanno procedendo alla liquidazione di asset denominati in dollari americani per ottenere cash utile al pagamento delle spese.

Esse hanno a disposizione liquidità sufficiente. Questo significa che questo fattore impatterà in misura minore, sempre che riesca a farlo, sull’eventuale nuovo tentativo del mercato di andare a vedere nuovi massimi dello yen, anche se è stato quello che ha contribuito in maniera decisiva alla partenza del movimento che ha portato la valuta nipponica a toccare nuovi massimi storici. L’avversione al rischio invece, sembra prendere più peso all’interno di questo quadro, a causa anche degli altri fatti che stanno dominando la scena internazionale, Libia in primis.

 

EurUsd– grafico giornaliero

Per quanto concerne l’intervanto in sé e per sé, non abbiamo ancora a disposizione i dettagli tecnici della ripartizione delle vendite tra i diversi istituti che hanno partecipato, così come non conosciamo l’ammontare totale. Iniziano a circolare delle stime, secondo le quali sono stati venduti qualcosa come 2 trilioni di yen, di cui la metà da parte della BoJ. Le cose certe sono due: l’intervento, come riportato nello statement del G7 è stato isolato (ovvero non sono previsti ulteriori interventi coordinati sul mercato dei cambi) ed è stato un intervento non sterilizzato, il che dovrebbe mostrare maggiori effetti rispetto ad un intervento sterilizzatonel medio periodo, in quanto è stata aumentata la quantità di moneta in circolazione. La cosa importante da capire, a nostro parere, è che il G7 ha mostrato la volontà di lanciare un forte messaggio al mercato tramite l’azione concreta sul mercato (delle parole su uno statement non sarebbero state abbastanza, anzi, avrebbero invitato il mercato a spingere lo yen a rialzo per poi approfittare di un probabile intervento). Questo per ora non è stato sufficiente ad allontanare il cambio da livelli pericolosi (complice anche l’avversione al rischio, come detto) e la possibilità di assistere ad ulteriori vendite di yen non è assolutamente ancora da escludere. Attenzione dunque ad assumere posizioni corte di yen: leve basse e stop loss inseriti in macchina risultano imprescindibili in momenti di mercato come questo.

Passiamo al primo appuntamento della settimana con l’analisi tecnica, tramite cui riusciamo ad individurare l’avvicinarsi di un livello davvero interessante per la moneta unica. La tendenza evidenziata dal cambio eurodollaro nelle ultime settimane non accenna ad arrestarsi, riportando così all’attualità quello che rischia di essere il più importante livello di attenzione degli ultimi tempi. Il livello a cui stiamo guardando si trova a 1.4280 e non si tratta solamente del più recente massimo relativo, del 3 novembre scorso, ma anche del livello a cui transita, con qualche punto di approssimazione, la tendenza negativa del cambio osservabile con evidenza tramite un grafico degli ultimi due anni e mezzo di scambi. 1.3930, seppur la lontananza dovrebbe renderlo inutilizzabile nell’immediato, è il livello di supporto dinamico su cui si basa la risalita, essendo suggerito da quella precisa linea di supporto che guardiamo da gennaio, coincidente ancora una volta con la media di breve (21 exp), sempre osservando un grafico giornaliero.

Con grande precisione il livello individuato venerdì mattina si è rivelato davvero importante per districare la situazione sul cambio UsdJpy. Stiamo parlando dell’area prossima a 82 figura (ottenuta congiungendo i minimi crecenti da fine ottobre scorso sino a prima dell’aumento di volatilità di settimana scorsa), che ha permesso in giornata un nuovo arretramento dei prezzi di più di una figura. Sino a che questo non dovesse esssere oltrepassato la situazione non fa che complicarsi con rinnovati rischi di nuovi aumenti degli yen, contrari ai pesanti interventi sul mercato da parte della BoJ.

Non si può certo dire che il cambio EurJpy non abbia subito un eccesso di volatilità sul finire di settimana scorsa. Tra giovedì e venerdì abbiamo visto un’escursione di 900 punti con un ritorno  dei prezzi visti precedentemente il grande acquisto di yen da parte del mercato. Per le prossime evoluzioni ciò che ci sembra più affidabile risulta essere la resistenza venutasi a crare nei pressi di 115.25 che, seppur oltrepassata di qualche punto venerdì mattina, continua a resistere alla forza della moneta unica.

Diamo ora uno sguardo al cable che venerdì è riuscito a levarsi d’impaccio l’area laterale compresa fra l’importante minimo di 1.5970 e 1.62. Le future speranze di un cable di nuovo in direzione della precedente area di massimo, 1.6345, dipendono dalla tenuta di 1.62, nel breve, come livello di pullback. La salita del cambio EurGbp continua con buona costanza, avvicinando ogni giorno di più il livello ipotizzato come obiettivo nei pressi di 0.88 figura. La trendline che segue il movimento da un mese si trova a distanza di sicurezza, 0.8620, indicandoci quale sarà il più importante livello di supporto da utilizzare nel caso dovesse avvenire un’inversione (livello, lo ricordiamo ancora una volta, confermato dalla media di lungo periodo su grafico con candele a 240 minuti).

Se la forza della moneta unica ha aiutato parecchio il cambio EurChf, altrettanto non possiamo dire del dollaro. Le due situazioni grafiche sono andate separandosi dopo la parentesi comune di discesa di settimana scorsa. Il cambio EurChf, probabilmente beneficiando di uno spunto tecnico davvero forte è riuscito a rimbalzare di circa quattro figure in pochi giorni, allontanandosi ampiamente del precedente minimo storico (doppio minimo appunto). Per considerare una ripresa ulteriore del cambio ora non rimane che affidarsi a quel 1.29 che tanto ha influenzato il nostro trading nelle passate settimane: su questo livello transita la linea di tendenza negativa che segue il percorso compiuto dal cambio da febbraio.

Il cambio UsdChf non ha mostrato invece alcuna ripresa rimanendo particolarmente vicino al minimo storico segnato mercoledì a 0.8920. In questo caso siamo in attesa di assistere al superamento di 0.92 per tornare fiduciosi sulla ripresa del biglietto verde: sino ad allora ogni anticipo potrebbe risultare rischioso.

Per chi volesse ulteriori approfondimenti, vi aspettiamo alle 9 puntuali per il nostro Morning Briefing in webinar: http://forexforums.dailyfx.com/analisi-live/244106-analisi-live-del-mercato.html.

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