Banker o consulente? No, corporate planner

Né bancario, né consulente. Una figura che parte dall’advisory ma che vuole anche guardare alle nuove frontiere offerte dal digitale. Si chiama Corporate Planner ed è la nuova figura professionale proposta da Antonio Mazzone, ex AD di Bancadvice.it SAS e ideatore del progetto IronBanker. La volontà è di costruire una rete di professionisti alternativa alla banca per tanti gestori corporate dipendenti e non solo. Bluerating ne ha parlato in esclusiva con lo stesso Mazzone, affiancato in questo progetto da valeria Lazzaroli di Arisk srl e Luciano Tarantino della Fiduciaria Fiditalia.

Perché il corporate planner è differente dalle attuali figure professionali sul mercato?
È una figura nuova che racchiude le competenze del risk management, della corporate finance e dell’ innovation management. Operando attraverso una piattaforma di decision system support laddove la logica del data driven e il booster dell’ artificial intelligence contribuisce alla creazione di figure indispensabili a favore delle attività imprenditoriali impegnate nel valorizzare al meglio la propria azienda attraverso la transizione tecnologica. Non eroga consulenza ma analisi dei dati, comparazioni e proiezioni. L ’attività consulenziale viene svolta dall’imprenditore stesso o dai suoi manager o consulenti di fiducia.

Rispetto agli attuali Albi e categorie professionali, a chi potrebbe essere assimilato il corporate planner?
A nessuno. Non facendo consulenza ma interpretando analisi e monitoraggio dei dati elaborati dall’AI, il corporate planner è l’interfaccia umano dall’imprenditore verso il mercato esterno e viceversa.

Perché deve essere esperto anche in materia di anti money laudering?
Perché il rischio antiriciclaggio è e rimane uno dei rischi principali del mondo imprenditoriale e quindi cardine l’esistenza di professionalità che apportino know how sia per il contesto in cui opera sia per contribuire alla con sapevolezza e conoscenza dell’imprenditore sulla materia specifica. E’ un tema in costante evoluzione, laddove la Pandemia ha posto in luce le debolezze di sistema e dimostrando che la sola conoscenza normativa non basta. Sono necessarie tecnologie sempre più ampie e sofisticate da e verso l’imprenditore e gli strumenti di AI fondamentali per supportare le decisioni, forse l’unica strada percorribile per svolgere adeguate verifiche rafforzate e ricostruzioni attendibili di assetti proprietari.

Tra le attività del corporate planner c’è anche il supporto all’istituzione del TRUST. Perché questa scelta?
Ad agosto 2021 l’Agenzia delle Entrate ha finalmente fornito risposte che chiariscono le zone g rigie d’interpretazioni esaltando le potenzialità di uno strumento importantissimo per l’imprendi tore. Uno strumento di tutela indispensabile alla luce della convergenza normativa che coinvolg e le imprese e quindi amministratori e imprenditori. Tutto questo con una Legge “Dopo di Noi” che nel 2016 ha normato il mandato fiduciario e quindi il Trust come strumento privato per la sua applicazione.

Potremmo definire il corporate planner un regtech manager?
Si, esatto. Nei fatti riduce la discrezionalità del giudizio, azzera l’aspetto consulenziale per dare spazio all’ingegnerizzazione della compliance. Il tutto con l’indispensabile padronanza relazionale , la professionalità e l’ampia conoscenza dei temi trattati.

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