Il futuro è nelle mani del ceo Luigi Lovaglio, a cui spetta il compito di redigere il piano industriale e concordare con Bruxelles e Bce anche l’ammontare di capitale necessario a mentre al sicuro gli indici patrimoniali della banca senese. Entro il 31 marzo bisognerà comunicare alla Bce il capital plan, insieme alle coordinate di massima in tema sulla pulizia creditizia. Per ora si riparte dall’ultimo capital plan, basato sul precedente piano industriale, che prevedeva un rafforzamento patrimoniale di 2,5 miliari di euro, con nuove azioni emesse entro marzo/aprile 2022. Un aumento di capitale “solo ipotetico” e che oggi, in termini quantitativi, potrebbe rappresentare più un punto di partenza che di arrivo.
Sulla ricapitalizzazione finale è ragionevole attendersi un revisione, con il benestare di Bruxelles e Bce: voci mai confermate parlavano di un rafforzamento stimato a 3 miliardi. Del resto, il capital plan presentato lo scorso anno – e mai approvato – si basava su scenario macro che oggi sono cambiati e superati: l’invasione Ucraina e le sanzioni alla Russia, ad esempio, rischiano di produrre impatti importanti su imprese ed economia italiana, oltre all’innalzamento dei prezzi, che rischiano di cambiare le prospettive macro economiche, con tutto quello che ne consegue.
Il nuovo piano industriale di Mps – il terzo nel giro di poco più di un anno – dovrà quindi essere definito con cautela da Lovaglio. In questo contesto, si definirà anche la politica che il Tesoro, azionista con il 64%, seguirà nella futura dismissione della partecipazione. Un tema, anche questo, discusso con la Commissione europea in vista di una “congrua proroga”, probabilmente pluriennale, del termine originariamente previsto per fine 2021.