Truffa e autoriciclaggio, giovane consulente finanziario nei guai
L’inchiesta, condotta dal pubblico ministero Maria Virginia Boi, si è ora conclusa. Matteo Pilato è accusato di aver raggirato l’anziana gioielliera di Tempio ma, con lo stesso modus operandi, anche una coppia di Cagliari. Deve rispondere dei reati di truffa aggravata (dall’età della donna e dal grave danno patrimoniale) e autoriciclaggio, commessi tra il 2015 al 2019. Secondo il pubblico ministero, il consulente utilizzava per sé i soldi dei clienti servendosi del presunto sistema illecito scoperto dagli inquirenti, coi soldi che confluivano non nei conti indicati ai clienti, risultati fittizi, ma in conti correnti di sue società. Una maxi truffa da 500mila euro, da cui il 35enne, assistito dall’avvocato Maria Paola Fenu, del Foro di Cagliari, dovrà ora difendersi.
L’inchiesta era stata avviata nel 2019 dopo che la gioielliera, assistita dagli avvocati Alberto Piccinnu e Giovanni Cossu, del Foro di Tempio, aveva presentato denuncia, avendo in più occasioni chiesto di poter ritirare delle somme dal suo conto, senza però riuscire ad averle. La donna, secondo la ricostruzione del pubblico ministero contenuta nel capo d’imputazione, aveva consegnato a Pilato una parte dei soldi in contante, circa 100mila euro. Il promotore finanziario le aveva quindi consegnato il tablet con il codice di accesso al software così che potesse controllare l’andamento dei propri investimenti. Successivamente la gioielliera lo aveva incaricato di vendere l’immobile di via Sonnino, a Cagliari. Palazzina che, stando alle accuse della Procura, sarebbe stata acquistata dalla società Luxury protection centre, amministrata, di fatto, dallo stesso Pilato (in seguito denominata Bmp immobiliare). Dopo aver avuto la disponibilità della palazzina (con rogito notarile datato 29 aprile 2016), Pilato lo avrebbe ristrutturato e frazionato in quattro appartamenti rivenduti a terzi (persone ignare di tutto che ovviamente li hanno acquistati in buona fede). Ma Maria Cossu non ha mai incassato niente dalla cessione dell’immobile.
Per questo motivo, parallelamente all’inchiesta penale, i suoi avvocati hanno promosso una causa civile finalizzata a far dichiarare nullo l’atto di compravendita poiché, spiegano i difensori «la somma non è stata mai incassata dalla gioielliera e i proventi mai investiti se non fittiziamente nel falso conto». Se venisse accolta la richiesta di nullità dell’atto di compravendita, l’immobile potrebbe ritornare nella disponibilità della donna, questo è perlomeno l’obiettivo a cui mirano i suoi difensori.
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