Storia di un consulente cambiato dal terrore

Pubblichiamo di seguito una toccante testimonianza inviataci da un nostro lettore. Parole che raccontano un momento non semplice per la professione. Se volete inviarci i vostri pensieri o eventualmente rispondere all’appello del consulente, scriveteci a [email protected]

Gentile redazione di Bluerating, vi scrivo per raccontarvi la mia storia recente professionale, sperando possa essere di interesse per voi, ma soprattutto per i miei colleghi che sono certo essere vostri assidui lettori. E’ un qualcosa di intimo e in merito al quale non mi sono mai espresso se non con i miei familiari e amici più cari, ragion per cui vi chiedo gentilmente, laddove decideste di pubblicare il contenuto, di mantenere l’anonimato. Ebbene dalla scorso febbraio il mio mondo è cambiato. La guerra in Ucraina mi ha travolto con la sua atroce attualità, rendendo di fatto per me difficilissimo riuscire a pensare in prospettiva e soprattutto riuscire a parlare di pianificazione, credendoci, al cliente. A farmi paura non è tanto l’ennesimo shock dei mercati, o l’inflazione galoppante, assolutamente no, tutte cose gestibili, sebbene non semplici da affrontare. La cosa che mi terrorizza e che mi rende difficilissimo alzarmi la mattina, è il terrore che il nostro mondo possa finire. Il terrore, non l’avrei mai detto, mi ha profondamente cambiato, mi ha completamente bloccato. Vedo troppe chiacchere, troppe persone inconsapevoli che mai come in questo momento una guerra atomica è alle porte. Come posso fare a parlare a un cliente di futuro quando non vedo una via d’uscita ragionevole da questa crisi e ogni giorno che passa mi sembra un passo in avanti verso il baratro? Perché di baratro parliamo, laddove dovesse iniziare un conflitto nucleare. Davvero pensiamo che rimarrebbe qualcosa di noi? Banche, persone, famiglie, convinzioni, obiettivi, meraviglie del mondo, le chiacchere sulle mission aziendali, i nostri racconti sui social, tutti finirebbe nel nulla, tutto travolto dall’atrocità dell’essere umano. Le nostre cravatte, le nostre interminabili riunione, le nostre strette di mano, quello che ci sembra fondamentale, tutto sparito. Non so se questo episodio è forse solo parte di un mio modo di vedere in maniera fatalista la vita che ha ormai raggiunto il culmine, ma dallo scorso febbraio non sono più riuscito a “portare a casa” un nuovo cliente e ho iniziato un percorso di psicoterapia. E ve lo dice una persona che lavora da oltre dieci anni nel settore con un portafoglio di una quindicina di milioni. Sinceramente non so neanche come inventarmi in un altro lavoro, vorrei qualcosa che mi permettesse di stare più tempo con i miei cari, ma in questo momento non riesco davvero a pensare a una mansione che riuscirei a gestire con la dovuta leggerezza mentale. Invidio e ammiro chi riesce a farlo, è proprio per questo che ho deciso di scrivere, sperando in una pubblicazione e che queste parole possano aiutare qualcuno che si sente come me a percepirsi come meno solo.  Ma come è difficile essere consulente in questi giorni. Un abbraccio a tutti i colleghi.

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