Per i consulenti erano stati una manna, poi sono entrati nel dimenticatoio, e ora sembrano essere tornati di moda. Stiamo parlando dei Pir, la cui raccolta netta (relativa ai fondi PIR tradizionali) a giugno è tornata positiva per 65,8 mln di euro, dopo aver sfiorato il pareggio nel mese di maggio (-0.8 mln). Un’inversione di rotta, considerando che il segno positivo non si vedeva dal maggio del 2020.
Nel dettaglio, secondo i dati ufficiali di Assogestioni nel primo trimestre di quest’anno i fondi PIR avevano registrato una raccolta netta negativa pari a -316 mln di euro. Gli AUM totali – promossi dai 70 fondi PIR – a fine marzo erano pari a 18.6 mld, in crescita rispetto ai 17.8 mld della fine dell’ultimo trimestre dle 2020 grazie al positivo andamento dei mercati e alle performance dei fondi (ampiamente a doppia cifra in media da inizio anno).
Sui PIR tradizionali (3.0) gli analisti di Equita stimano poi una raccolta netta attesa per l’intero 2021 di circa +500 mln di euro e un AUM a +18.7 mld, mentre per i PIR alternativi (dove la Legge di Bilancio 2021 ha introdotto ulteriori benefici fiscali, come il credito d’imposta sulle minusvalenze) di circa +2/+3 mld all’anno (per raggiungere 10-15 mld di AUM entro cinque anni).
“A nostro avviso i PIR restano degli strumenti molto attraenti e vanno nella direzione di canalizzare il risparmio in partecipazioni che creino valore economico e sostenibile per le PMI e per gli investitori – affermano da Equita – inoltre, grazie alla combinazione Draghi e Recovery Plan, riteniamo che l`Italia sia tra i Paesi più interessanti in cui investire al momento, anche alla luce di un profilo di rischio drasticamente migliorato”.