Investimenti, ecco i perchè di una gestione attiva

I gestori di investimenti attivi sono spesso criticati per le performance e per i costi. I fondi azionari che replicano i principali indici, come l’Euro Stoxx 50, composto dalle principali azioni dell’Eurozona, o l’indice S&P 500, composto da azioni statunitensi, sono indubbiamente convenienti, visto che hanno costi di gestione che partono da 0,1% all’anno. Quindi, perché pagare, ad esempio, l’1% all’anno per un normale fondo a gestione attiva? Ecco di seguito la view di Alex Stanić, Head of Global Equities di Artemis e co-gestore del fondo Artemis Funds (Lux) – Global Select.

Un fondo attivo presenta diversi vantaggi, grazie a un’attività di monitoraggio costante delle società in cui si investe, della trasparenza dei consigli di amministrazione, dei compensi ai dirigenti e del rispetto delle norme ambientali da parte del gestore.

Un gestore attivo può realizzare rendimenti simili o leggermente superiori a quelli di un fondo passivo ma è importante anche considerare la volatilità, ove si pensi che un veicolo a gestione attiva porta comunque alla stessa destinazione ma rende il viaggio molto meno accidentato.

Questo aspetto è importante per un investitore che soffra di “mal di viaggio”, e ce ne sono tanti. Questi investitori vedono i loro investimenti crollare e vendono in preda al panico, perdendo quindi la possibilità di recuperare le perdite. Poi ci sono gli investitori che vendono in base a piani prestabiliti di dismissione, come per esempio i pensionati per i quali gli investimenti sono fonte di reddito e devono quindi vendere titoli ogni mese, indipendentemente dall’andamento dei mercati.

Un ribasso dei mercati penalizza queste persone, perché devono vendere un numero maggiore di titoli quando le condizioni sono meno propizie per mantenere il livello di reddito prefissato. Ciò compromette la capacità del portafoglio di rifarsi delle perdite quando i mercati riprendono a salire. Un gestore attivo difficilmente può evitare completamente i ribassi ma certamente può proteggere gli investitori dal peggiore dei crolli di mercato.

Al momento il mercato è caratterizzato da molti rischi. Il peggiore è rappresentato dalla bolla che si sta gonfiando in alcune delle azioni tecnologiche mega cap. Un fondo passivo è tenuto a comprare le azioni che compongono l’indice di riferimento e non può astenersi neanche quando i prezzi diventano eccessivamente alti.

Se si osserva l’S&P 500, si nota che l’indice è salito del 16,5% dall’inizio dell’anno e si appresta a raggiungere livelli record. Una performance notevole, non c’è dubbio, peccato però il rialzo è stato trainato da appena sei azioni mega cap – Apple, Alphabet, Amazon, Meta, Microsoft and Nvidia – che hanno visto i loro prezzi salire dell’80% da inizio anno. Al netto di questi rendimenti, l’andamento dell’S&P sembra già meno entusiasmante. Vero è che alcune di queste azioni di società big tech – specialmente Nvidia – cavalcano l’onda degli ottimi profitti messi a segno ultimamente ma il dubbio circa la capacità di questi avvenimenti di sostenere il rialzo permane.

Apple – in aumento del 53% da inizio anno – rappresenta quasi l’8% dell’indice e una tale esposizione ad un’azione che appare sopravvalutata sotto quasi tutti gli aspetti sembra eccessiva. Noi possiamo evitare tali squilibri e, infatti, li evitiamo. Microsoft assorbe quasi il 7% dell’indice S&P 500 ma occupa appena il 3% del nostro portafoglio.

Ovviamente, non avere azioni di queste società, o comunque essere sottopesati nelle stesse, mentre decollano può portare il fondo a realizzare rendimenti inferiori a quelli degli indici di riferimento ed è bene che gli investitori ne siano consapevoli. In questo senso c’è un armamentario di frasi fatte per consolarsi – come “perdere la battaglia e vincere la guerra” – o anche di insegnamenti morali, come la favola di Esopo sulla lepre e la tartaruga.

Io preferisco un’analogia sportiva. Evitare o sottopesare società costose, quindi suscettibili alle correzioni di mercato, è come giocare a golf e evitare accuratamente i bunker, nel senso che si deve essere più prudenti, e magari ritrovarsi a giocare su buche che possono penalizzare, ma nel corso di una lunga partita si hanno minori probabilità di trovarsi a dover colpire una pallina impantanata nella sabbia.

I dati indicano che fra il 2000 e il 2003, quando il crollo dei titoli tecnologici fecero precipitare gli indici di circa il 40%, molti fondi a gestione attiva persero solo il 20%. Quel livello di protezione del capitale consentì ai risparmiatori di recuperare le perdite molto più rapidamente nella successiva fase di rialzo. A tal fine, è opportuno tener presente che per recuperare una perdita del 40% il rialzo del mercato deve essere del 65% mentre per recuperare una perdita del 20% basta un rialzo del 25%.

Noi consigliamo agli investitori di investire in azioni per il lungo periodo,10 e più anni. Infatti, le performance di un gestore attivo si giudicano lungo quell’arco temporale. Sono lieto di rispondere a domande sulla mia performance di lungo termine. I team con cui ho lavorato hanno registrato notevoli sovraperformance investendo in maniera selettiva. È vero, ci sono stati periodi di magra, ma nel lungo periodo la strategia di comprare azioni di società di qualità con un buon potenziale di crescita, a prezzi ragionevoli, si è rivelata vincente per gli investitori, non solo in termini di rendimenti ma anche di volatilità. Anche il viaggio è stato comodo.

Non sempre il rapporto qualità/prezzo è quello auspicato, ed io sono il primo ad ammettere una tale evenienza nella gestione attiva. D’altro canto, se si scelgono buoni gestori – con una storia di successi alle spalle, con un buon team a sostegno e con un approccio prudente all’investimento – si aumentano le probabilità di vedere le proprie attese soddisfatte.

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