Asset allocation: “Basta Beta, meglio puntare sulle PMI italiane”

È interessante analizzare le performance da inizio anno di alcuni indici: S&P500 (+15%), Ftse Mib (+20%), Ftse Italia All Share Financials Sector (+24%) e Ftse Italia STAR (-2.5%). Perché guardare questi indici così diversi nella struttura e nei fondamentali? E soprattutto, perché con un orizzonte temporale così breve ovvero da inizio anno? “Le ragioni sono molteplici”, afferma Antonio Amendola, Senior Fund Manager di AcomeA SGR, che di seguito spiega la propria view.

Da inizio anno ha pagato molto bene essere “betati” sul mercato (ovvero essere stati esposti al mercato in generale e non a singole storie idiosincratiche) a discapito dello stock picking sulle singole storie, però, potrebbe essere ora di abbandonare il Beta, per far fronte a dinamiche da risk off nella seconda parte dell’anno. Abbandonato il Beta si potrebbe puntare su investimenti penalizzati per motivi diversi dai fondamentali e che offrano interessanti punti di ingresso de-correlati con il beta di mercato generale (come si può trovare sullo STAR).

Come dicevamo, questi indici hanno strutture e caratteristiche molto diverse. Dall’inizio del 2023 lo scetticismo sulla tenuta dell’economia, e delle borse, da parte degli operati è stato dilagante. Mese dopo mese, però, questo pessimismo è stato frutto di importanti sottoperformance in quanto i mercati si sono mostrati più resilienti del dovuto. In Italia in particolare il settore bancario ha dominato la scena grazie a un mix di rialzo dei tassi che ha favorito il margine di interesse e ha reso di nuovo “sensato” il business della banca commerciale, basso (se non nullo) livello di accantonamenti in previsione del deterioramento dell’asset quality, generose politiche di distribuzione del capitale tramite buyback e dividendi e una strutturale assenza o sottoperformance nei portafogli dei gestori europei (e non) delle banche italiane

Da inizio anno quindi il Ftse Mib è tra i migliori indici del mondo, trainato in particolare dal comparto bancario. Al netto delle banche però tutto l’indice ha fatto bene e ha quindi pagato essere stati esposti al fattore mercato in generale. Il tutto favorito da un contesto di generale rialzo dei mercati come si vede anche dalla performance del S&P500. Essere stati “betati” ha dato i suoi frutti da inizio anno.

Il rovescio della medaglia, restando sul mercato italiano, è il comparto delle PMI. Lo STAR, indice che racchiude le aziende piccole e medie con i più elevati standard di qualità, ha performato particolarmente bene dal post Covid.

Allargando a 10 anni, abbiamo una performance dello STAR non solo nettamente superiore al Ftse Mib ma anche all’S&P500. Come mai allora questa sottoperformance così marcata da essere un unicum nella storia tra STAR e FTSE MIB? La risposta è nei prodotti che hanno rilanciato questo indice: i PIR. Nel 2023 inizia a maturare il beneficio fiscale di questi prodotti il che ha portato importanti riscatti sui fondi dedicati per ottenere il beneficio fiscale e investire nei BTP resi appetibili dal rialzo dei tassi. Si stima che gli outflow per tutto il 2023 dovrebbero essere più di 1 miliardo di euro, il che combinato con i bassi volumi dei mercati ha portato a prese di profitto ingiustificate e forzate su società dall’indubbia qualità

Small Cap premium

Le small cap, incorporando maggiore rischio (ma anche maggiore ritorno atteso), necessitano di un premio rispetto alle large cap. Osservando gli Stati Uniti (S&P500 per le Large Cap vs S&P Small Cap 600) il premio per il rischio delle società Small è più alto che per le Large. Tuttavia, questa dinamica non viene rispettata per gli indici italiani (FSTEMIB vs FTSE Italia Small Cap): lo small cap premium varia nel tempo, ma con la forte sottoperformance delle società più piccole nel 2023, sarebbe stato ragionevole osservare un equity risk premium (ERP) in crescita.

La ragione della divergenza deve essere individuata nella dinamica degli Earnings per Share (EPS): gli utili del FTSEMIB in aggregato sono cresciuti ininterrottamente perché trainati dal settore bancario (che ha beneficiato del clima di alti tassi di interesse), mentre gli EPS del comparto Small sono cresciuti in maniera inferiore, con una lieve contrazione nei risultati del primo semestre dell’anno. È importante ricordare che questa formulazione dell’ERP è una misura basata su dati passati, e calcolando il premio includendo gli EPS stimati per il prossimo anno, otteniamo uno small cap premium positivo e che tende a crescere, coerente con le attese del mercato per la crescita futura e la sottoperformance effettiva dell’indice Small Cap.

Lo small cap premium è una misura dibattuta in letteratura finanziaria, ma nell’attuale contesto di forte sconto delle società più piccole contribuisce a dare ulteriore chiarezza sulla sottovalutazione del comparto. Particolarmente per il mercato italiano, dal 2023 i titoli delle PMI soffrono per innumerevoli motivi slegati dalla qualità delle società stesse, che è rimasta invariata come dimostrato dalla capacità di resistere agli shock a cui abbiamo assistito negli ultimi due anni. Infatti, i titoli sono penalizzati per lo più da temi esterni spesso legati al funzionamento del mercato: bassa liquidità e volumi scambiati e deflussi dai fondi PIR tra i principali. Pertanto, riteniamo che questo sia il momento ideale per aumentare il posizionamento nel comparto Mid/Small che offre valutazioni attraenti per PMI italiane di qualità, con un premio per il rischio in aumento

Conclusioni

Da inizio anno i gestori sono stati presi in contropiede dal mercato particolarmente rialzista nonostante le previsioni macroeconomiche in progressivo deterioramento con le tensioni geopolitiche a fare da sfondo. In questo contesto ha premiato essere lunghi mercato, in particolare lunghi sulle large cap italiane (quasi) indiscriminatamente. A questo punto però cosa fare? Uno scenario di “hard landing” non sembra essere più nei radar dei macroeconomisti. Tuttavia, iniziano a vedersi concretamente sull’economia reale i segni di deterioramento che precedentemente era stati soltanto ipotizzati. L’economia cinese continua ad arrancare nonostante una politica monetarie espansiva e inizia a destare serie preoccupazioni la crisi di liquidità inarrestabile del settore immobiliare. In questo scenario, e reduci da performance del 1H23 stellari, il rapporto rischio/rendimento nel continuare con lo stesso posizionamento della prima parte dell’anno è piuttosto sbilanciato sul rischio. Sull’Italia, inoltre, il settore più “sensibile” a momenti di risk off (anche per rischi politici e non solo macroeconomici) è proprio quello che ha fatto meglio sino ad ora ovvero il settore bancario. Crediamo quindi che in una fase delicata come quella attuale sia il momento di abbandonare il Beta (o ridurlo) per favorire storie idiosincratiche dai fondamentali solidi in particolare sul fronte del debito. In questo scenario l’universo ideale è proprio l’indice STAR ed in parte il più piccolo EGM in quanto presentano aziende dai fondamentali solidi e dal comprovato track record, hanno sottoperformato per dinamiche tecniche (outflows) e non di fondamentali. Hanno quindi molto meno downside degli altri indici e hanno una componente di performance de-correlata dal resto del mercato il che dà protezione in momenti di elevata volatilità.

Oltre a questi indici segnaliamo anche le situazioni company specific con catalyst precisi e totalmente slegate dall’andamento dei mercati o delle trimestrali come può essere il caso Telecom Italia. Fra i titoli che rispecchiano queste caratteristiche per la seconda parte dell’anno possiamo segnalare, oltre a Telecom Italia, anche Biesse, Fine Foods Pharmaceuticals, Reply, Sesa, Tinexta, Svas Biosana, ABP Nocivelli, Officina Stellare, El En.

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