Investimenti, attenzione al ritorno dei “bond vigilantes”

Molti osservatori storici del mercato ricorderanno ancora la grande crisi del settore obbligazionario del 1994. Nel febbraio di quell’anno, un modesto aumento dei tassi d’interesse di un quarto di punto percentuale apportato dalla Fed innescò un’ondata di vendite di obbligazioni a livello mondiale.

Tra la fine del 1993 e la fine del 1994, i rendimenti dei titoli di Stato decennali sono aumentati di due punti percentuali negli Stati Uniti e in Germania, e addirittura del 3,8% in Italia. Determinante per la spesa per interessi di una nazione, però, è l’incremento percentuale delle cedole obbligazionarie, che nei tre paesi risultava compreso fra il 35% e il 43 per cento.

Allarmato dalla situazione, il Governo statunitense dell’epoca, guidato dal presidente Bill Clinton, adottò misure di austerità fiscale. Commentando i fatti, il consigliere politico di Clinton, James Carville, dichiarò: “Finora ho sempre pensato che, in un’eventuale prossima vita, avrei voluto rinascere presidente o Papa o giocatore di baseball con 400 di media battuta. Ora invece mi reincarnerei volentieri in un mercato obbligazionario. Potrei intimidire chiunque.” I temibili investitori obbligazionari che vendevano i loro bond facendo così lievitare i rendimenti vennero ribattezzati “bond vigilantes”, che si potrebbe tradurre in italiano con “vigilanti delle obbligazioni”.

Con la politica di bassi tassi d’interesse adottata dalle banche centrali all’inizio degli anni 2000 e i successivi acquisti di obbligazioni su larga scala, i bond vigilantes erano scomparsi dalla scena, specialmente durante gli anni della pandemia. Non avevano alcun potere contro le banche centrali. Ma con l’inversione di rotta dei tassi d’interesse all’inizio del 2022 sono tornati alla carica.

Dai minimi del 2019 e del 2020, a fine settembre i rendimenti decennali erano aumentati del 3,6% in Germania, del 3,8% negli Stati Uniti e del 4,2% in Italia. Già in termini assoluti si tratta di incrementi di gran lunga superiori a quelli del 1993 e del 1994. In termini percentuali, l’impennata è ancora più vertiginosa: dal 600% all’800% negli Stati Uniti e in Italia e persino oltre la calcolabilità matematica in Germania, dove si partiva da un rendimento iniziale negativo. Già oggi, la seconda puntata della grande crisi obbligazionaria ha nettamente spodestato il primo episodio della saga.

I vigilanti delle obbligazioni hanno già reclamato una vittima sacrificale dal mondo politico. Quando nel settembre 2022 il primo ministro britannico Liz Truss ha annunciato tagli alle tasse senza prevedere alcuna forma di finanziamento compensativo, i rendimenti dei titoli di Stato britannici sono schizzati alle stelle in vista di un aumento del debito pubblico.

Truss è stata costretta a dimettersi ed è passata alla storia come il primo ministro britannico con il mandato più breve in assoluto. Da allora, i bond vigilantes hanno interferito più volte, ad esempio nelle sei settimane precedenti il 6 ottobre. In quest’arco di tempo, il rendimento dei Treasury decennali è aumentato di 0,7 punti percentuali.

I vigilanti delle obbligazioni potrebbero avere in serbo altre reazioni, con conseguenze alquanto dolorose

Se, ad esempio, i tassi d’interesse sui titoli governativi decennali dovessero rimanere al livello attuale fino al pagamento degli interessi sull’intero debito statale, le cedole del settore pubblico in Germania finirebbero per triplicare. In Italia aumenterebbero del 74% e negli Stati Uniti del 57%.

E se i rendimenti obbligazionari tornassero al livello medio della prima metà degli anni ‘90 sarebbe una catastrofe. Il pagamento degli interessi rappresenterebbe una quota mai vista dell’attuale spesa pubblica: 27% per l’Italia e 29% per gli Stati Uniti. Poiché i governi altamente indebitati – ma anche i mutuatari privati – non riuscirebbero a sopravvivere con i tassi ai livelli del passato, le banche centrali saranno prima o poi costrette a dichiarare nuovamente guerra ai bond vigilantes. A quel punto, si dovrà probabilmente dire addio alla tanto evocata lotta all’inflazione.

A cura di Thomas Mayer, fondatore del Flossbach von Storch Research Institute

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