Asset allocation, azionario: Europa vs Usa, la view di Gam

È vero che la dispersione delle valutazioni tra Stati Uniti ed Europa è a livelli elevati. A prima vista, ovviamente lo stato naturale della crescita economica di ciascuna regione contribuirebbe a spiegare parte di questa differenza, in quanto gli investitori potrebbero essere più felici di pagare più del dovuto per la crescita, rafforzando così un multiplo più costoso. Questo fenomeno si è accentuato in seguito alla crisi finanziaria globale, quando il mercato azionario statunitense, molto orientato verso la tecnologia, era meglio posizionato per beneficiare del contesto di tassi d’interesse bassi o nulli che si è poi verificato.

I FAANG degli anni della pandemia hanno assunto le sembianze dei “Magnifici 7”. Questi stessi nomi legati alla tecnologia negli Stati Uniti hanno permesso a questa dispersione di mettere il turbo nell’ultimo anno: Apple, Alphabet, Amazon, Meta. Microsoft, NVIDIA e Tesla stanno davvero distorcendo il P/E del mercato data la loro crescita esplosiva, con NVIDIA in particolare che è al momento il simbolo di tutto ciò che è AI con un P/E stimato di 35 volte.

Questo gruppo di titoli, che costituisce il 29% del benchmark regionale, è scambiato con un P/E prospettico aggregato di 25 volte ed è difficile trovare una categoria simile nello spazio azionario europeo che si avvicini a questo valore del multiplo, per cui si potrebbe sostenere che è il ruolo di particolare dominanza e l’euforia degli investitori per questi colossi della tecnologia a determinare l’apparente divario di valutazione”. A farlo notare è Charles Hepworth, Investment Director di Gam, che di seguito illustra la propria visione in termini di asset allocation.

Se si costruisce un analogo proxy di crescita nello spazio europeo, con margini di profitto netto altrettanto elevati, posizione dominante nel mercato e alti tassi di crescita composta, utilizzando società come GSK, Roche, Nestle, Novartis, L’Oreal, LVMH, AstraZeneca e Sanofi (si noti la preponderanza di prodotti farmaceutici rispetto a quelli puramente tecnologici), l’argomento della valutazione è molto più chiaro. Questi titoli sono scambiati complessivamente a soli 16,6 volte il P/E a termine, decisamente più conveniente.

Si è sostenuto che i titoli azionari statunitensi richiedono multipli più elevati in quanto ritenuti di qualità superiore, caratterizzati da una crescita strutturale più rapida, da una maggiore prevedibilità degli utili e da una maggiore facilità per gli azionisti, oltre che da una migliore allocazione del capitale e da una minore influenza delle politiche governative. Sembrerebbe strano che queste stesse argomentazioni non valgano per le azioni europee di cui sopra.

Gli Stati Uniti rappresentano un peso ampio e consistente nei portafogli globali, mentre le allocazioni europee sono sempre state spesso un ripensamento dell’allocation. Ma proprio come il mercato azionario statunitense negli anni ’70 ha goduto della crescita dell’allora “Nifty Fifty“, con gli investitori apparentemente felici di pagare più del dovuto sulla base dell’aspettativa di una continua crescita degli utili, il successivo crollo di questi nomi è stato tutt’altro che di buon auspicio.

Non auspichiamo un crollo nell’attuale performance dei “Magnifici Sette” ma piuttosto che gli investitori si rendano conto che è giunto il momento di rivalutare le parti del mercato che, per le più svariate ragioni, non sono state apprezzate. A volte conviene puntare su una crescita di qualità: il percorso sarà molto più agevole.

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