Investimenti: come inserire l’IA in portafoglio senza aumentarne la volatilità

Il potenziale dell’intelligenza artificiale (AI) di sbloccare l’efficienza nei settori più diversi del mercato ha innescato guadagni spettacolari per le aziende che stanno guidando il cambiamento. Guadagni in bilancio e guadagni in Borsa. Basti pensare alla performance tenuta dalle Magnifiche 7, che hanno dominato i rendimenti dell’S&P 500. Oggi, però, le valutazioni di questi titoli sono decisamente elevate e questo li espone a una forte volatilità. Le opportunità di crescita sono reali, ma lo sono anche i rischi.
Ciò li potrebbe rendere poco adatti per un portafoglio di investimento conservativo, che mira a limitare la volatilità. D’altro canto, ignorare il loro potenziale di guadagno potrebbe rappresentare un’occasione persa.
Gli investitori possono, tuttavia, adottare degli accorgimenti che permettono loro di trarre i vantaggi che derivano dall’avere un’esposizione al comparto“. Ad affermarlo è Kent Hargis, CIO Strategic Core Equities e gestore dell’AB Low Volatility Portfolio di AllianceBernstein, che di seguito spiega la view nei particolari.

Le linee guida per cavalcare la disruption

La prima regola è quella di imparare dalle lezioni del passato. La bolla delle dot-com, per esempio, ci ha insegnato che gli investitori non devono lasciarsi abbagliare dalle promesse di nuovi mercati che non dispongono di riscontri tangibili, e devono sempre assicurarsi che un prodotto, per quanto pionieristico, sia sostenuto da un modello aziendale credibile. In questo senso, rispetto al passato, l’innovazione ha seguito un percorso molto diverso. Molte aziende impegnate nella costruzione di infrastrutture per l’AI sono infatti già redditizie, come abbiamo visto anche dai conti di NVIDIA. Inoltre, godono di business di qualità e mantengono un certo grado di stabilità. Al contrario, durante il boom delle dot-com, a guidare il trend sono state per lo più società che non registravano profitti, con modelli aziendali non collaudati e che puntavano unicamente a una crescita aggressiva.
Il passo successivo, a nostro avviso, sta nel distinguere tra i diversi tasselli che compongono il mondo del tech: gran parte dell’impennata dell’AI è stata finora guidata da aziende nel campo dei semiconduttori e dai fornitori di infrastrutture per il cloud. Le società di software, rimaste in secondo piano, sono però pronte a recuperare terreno, e prevediamo che giocheranno un ruolo sempre più centrale nell’ottimizzare l’efficienza per consumatori e aziende.
Perché gli ingenti investimenti nei semiconduttori e nelle infrastrutture cloud producano un ritorno adeguato, è cruciale che le aziende di software riescano a monetizzare l’AI. Questo stimolerebbe la crescita dei ricavi nel settore software, fungendo da catalizzatore per i relativi titoli e permettendo loro di recuperare rispetto alle controparti dei semiconduttori.
Ancora una volta, però, siamo convinti che una delle parole d’ordine in questo contesto resti la selettività. Crediamo che le mega cap debbano essere sottoposte allo stesso esame dei fondamentali che spetterebbe a qualsiasi altro titolo da inserire in una strategia difensiva: anche nel ramo dei software, quindi, è fondamentale selezionare società che sappiano combinare prospettive di crescita e aspetti difensivi, e che scambino a valutazioni relativamente più interessanti rispetto ai colossi dell’hardware e delle infrastrutture AI.
Gli investitori dovrebbero inoltre sempre privilegiare modelli di business di qualità, che offrano la flessibilità necessaria per affrontare tanto le tensioni di mercato nel breve periodo, quanto le sfide di lungo termine.
Selezionando con cura i titoli di aziende di alta qualità che partecipano alla rivoluzione dell’AI, gli investitori possono trarre vantaggio da un cambiamento tecnologico che avviene una volta nella generazione senza destabilizzare il profilo di rischio più basso di un’allocazione azionaria ampia.

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