In forse il 'paradiso' dei megayacht

Tutto nasce dall’idea di Peter Munk, ricchissimo petroliere canadese, che trovandosi senza parcheggio per il suo megayacht da 60 mt ha deciso di sviluppare un progetto imprenditoriale in Montenegro e farsene un tutto suo.

La regione, una volta parte della Jugoslavia, intende sfruttare tutte le caratteristiche geo-logistiche per la realizzazione di un mega porto turistico dedicato alla clientela miliardaria di tutto il mondo. Qui nel fiordo naturale che forma la Baia di Kotor, dovrebbe sorgere quella che Munk e soci definiscono il paradiso terrestre dei megayacht.

La produzione mondiale di grandi imbarcazioni per uso privato (quelle superiori ai 24 metri per intenderci) non solo non accenna a diminuire ma vede la ‘taglia’ media dei singoli modelli crescere sempre di più.

Quindi se negli anni ottanta,  il Nabila di Adnan Kasoggi con i suoi 85 metri di lunghezza (foto sopra) poteva sembrare un astronave spaziale (così venne infatti chiamato in un episodio della serie 007 dal titolo “Never Say Never”) oggi è una delle tante ‘barchette’ che solcano il mediterraneo nei mesi estivi e nemmeno una delle più grandi.

Basti pensare che negli ultimi dieci anni i megayacht sono aumentati di tre volte  e che quest’anno, globalmente, verranno varati tra i 350 e i 500 superyachts.

Ovviamente bestioni di 168 metri come l’Eclipse di Roman Abramovich difficilmente trovano spazio per l’ormeggio nelle affollatissime marine del mediterraneo, facendo crescere la domanda per grandi infrastrutture di questo tipo.

Ora i 650 milioni di euro necessari per lo sviluppo del Porto di Montenegro sono in stand by in attesa che nuovi compratori depositino le cauzioni per posti barca e magari  comprino un appartamento vista mare, che proprio in questi giorni vengono praticamente ‘regalati’ per chi decide di gettare l’ancora nelle tranquille acque dell’adriatico.

L’80enne Munk però non è solo in questa operazione, altri milairdari europei fanno parte del progetto come Jacob e Nathaniel Rothschild; il numero uno di LVMH Bernard Arnault e il re dell’alluminio russo Oleg Deripaska.

Proprio quest’ultimo, che detiene una quota del 7% nel progetto, ha dovuto frenare gli entusiasmi dopo che molte delle sue società sono state vendute per far fronte alle richieste di rientro di banche e governi, preoccupati per lo stato di salute del suo impero.

Comunque nulla è perduto: l’apertura della marina è stata procrastinata solo di un anno e le tariffe per gli ormeggi sono tanto competitive da sbaragliare qualsiasi concorrente.

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