Recessione?

A cura di Brad Tank, capo del fixed income per Neuberger Berman
È il periodo dell’anno in cui tutti pubblicano il proprio outlook di investimento e anche noi di Neuberger Berman siamo colpevoli, come tutti gli altri, di scrutare dentro a una sfera di cristallo.
Nei recenti Fixed Income Outlook, Asset Allocation Committee Outlook e “10 temi per il 2019” abbiamo dato uno sguardo al futuro e una delle nostre view principali, per l’anno in corso, è che gli Stati Uniti e l’economia globale eviteranno la recessione, sperimentando un “atterraggio morbido”. Ma nel corso di uno dei nostri webinar, uno dei nostri investitori ci ha posto una semplice domanda: “Secondo voi non ci sarà alcuna recessione. Ma cosa potrebbe farvi cambiare questa idea?”
La Fed
Per quanto mi riguarda, la prima “certezza certa” (un concetto sempre molto relativo nel mondo degli investimenti) è che la Federal Reserve non è una minaccia.
La nostra presa di posizione a dicembre è stata molto audace, se si considera l’ansia generata in quel periodo dalle dichiarazioni del presidente della Banca Centrale, Jerome Powell, dal “dot plot” e dal ridimensionamento del bilancio.
Abbiamo sempre ritenuto che si trattasse dei normali problemi di comunicazione che qualunque presidente della Fed, fresco di nomina, deve imparare a gestire. Ricordate quello che scrissi nel 2017 sulla capacità di Janet Yellen di raggiungere il “tono perfetto” dopo essere stata solamente tre anni in carica?
L’inversione del sentiment che abbiamo osservato dall’inizio dell’anno nasce soprattutto dal riallineamento dei mercati su questa view. Secondo Richard Fischer, ex presidente della Fed di Dallas nonché buon amico di Powell, di cui è stato anche collega come membro del FOMC, Powell ha mantenuto in generale una posizione piuttosto coerente, anche quando il sentiment dei mercati è andato cambiando. Siamo d’accordo con Fischer che, per inciso, un anno fa ha fatto visita agli uffici di Neuberger Berman per fornirci il suo parere sulle prospettive di Powell.
La Brexit
Con le crisi costituzionali che stanno scuotendo il Regno Unito e a sole nove settimane che ci separano dalla Brexit, c’è chi potrebbe trovare sorprendente che la mia seconda “certezza certa” sia proprio questa.
Nonostante i toni drammatici della settimana scorsa, è innegabile che gli sviluppi dei mesi a venire siano più chiari… sempre e nella misura in cui si possono considerare “chiari” i giochi dei politici.
Nik Petrovic, il portfolio manager che sta seguendo per noi gli sviluppi della Brexit da Londra, ritiene che le probabilità di una hard Brexit abbiano registrato una svolta decisiva verso il no. Vi è adesso la concreta possibilità che l’elettorato britannico venga chiamato a pronunciarsi tramite referendum su tre quesiti: restare nell’Unione europea, accettare l’accordo di uscita che è stato negoziato oppure optare per una hard Brexit. Ciò comporterebbe una proroga ben oltre il 29 marzo. Ecco perché riteniamo una “certezza certa” il fatto che la Brexit non costituisca una minaccia immediata.
Cina spezzata?
La nostra “incertezza certa” e, a nostro avviso, l’unica vera minaccia di recessione nel 2019, è costituita dalla controversia commerciale tra Cina e Stati Uniti e dal rallentamento dell’economia cinese, che va peggiorando. Si tratta di un’incertezza perché probabilmente la situazione resterà in sospeso ancora per diversi mesi, ma la posta in gioco rimarrà alta e il flusso di notizie si manterrà volatile.
La settimana scorsa, quando è circolata la buona notizia sulla nuova legge cinese sugli investimenti stranieri per la tutela della proprietà intellettuale, i mercati asiatici hanno registrato un rally nel giro di 24 ore. Viceversa, i mercati statunitensi hanno zoppicato all’annuncio dell’imminente incriminazione di Huawei da parte delle autorità federali. La Cina sta ancora soffrendo per l’arresto di Meng Wanzhou, CFO di Huawei, eseguito a dicembre. Ciò, tuttavia, non ha impedito al vicepremier Liu He di recarsi negli Stati Uniti a gennaio per una nuova tornata di negoziati commerciali.
Prevedibilmente le voci e le fughe di notizie si avvicenderanno di qui al 1° marzo, data prevista per la conclusione dei negoziati, mentre i passi avanti in materia di scambi commerciali saranno in parte neutralizzati dai nodi sulla proprietà intellettuale, la cui risoluzione richiederà più tempo.
Per quanto riguarda l’economia cinese, i dati deludenti su commercio e inflazione diffusi nelle ultime due settimane ci hanno riportato ai giorni bui del 2016. Abbiamo anche scoperto che l’anno scorso in Cina le vendite di automobili hanno registrato una flessione per la prima volta dagli anni ’90. Nello stesso periodo, però, Pechino ha anche annunciato un taglio fiscale da 600 miliardi di yuan (90 miliardi di dollari) a favore delle piccole imprese, mentre la Banca Popolare Cinese ha iniettato in un solo giorno 560 miliardi di yuan (83 miliardi di dollari) attraverso il sistema finanziario, il più grande intervento di questo tipo mai registrato nella storia.
Siamo dell’avviso che la Cina disponga, in ultima analisi, di armi sufficientemente potenti per contrastare un rallentamento. Allo stesso tempo, come fa notare da Shanghai Peter Ru, il nostro specialista nell’obbligazionario cinese, l’inversione prodotta da tali stimoli difficilmente sarà visibile prima di aprile o maggio negli indicatori più significativi, come l’indice PMI.
Incertezze incerte
Lo ribadiamo: la recessione non rappresenta il nostro scenario principale per il 2019, ma il più importante rischio “certo” viene dalla Cina, mentre la prognosi finale resterà “incerta” per altri tre o quattro mesi.
Questo, quindi, è tutto per quanto riguarda le “certezze certe” e le “incertezze certe”. Va da sé che esistono anche delle “incertezze incerte” o fattori sconosciuti, pronti a coglierci di sorpresa. Ad esempio, il 6 febbraio incontrerò alcuni dei nostri investitori in Italia, Paese non certo noto per la stabilità politica e finanziaria. Vi farò sapere com’è andata.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!