Utility, il grande potenziale di un settore poco considerato

Con l’approssimarsi del 2020, il settore delle utility sembra quello in grado di offrire il migliore potenziale di lungo periodo in termini di rendimenti aggiustati per il rischio, rispetto a qualsiasi altro comparto, e nonostante l’entry point migliore sia stato l’anno scorso, persiste ancora un’opportunità di lungo termine molto attraente.

Questo particolare focus è emerso durante il Global Market Outlook, conferenza stampa annuale organizzata a New York da T. Rowe Price, asset manager globale indipendente con circa 1.145 miliardi di dollari in gestione, fondato nel 1937 a Baltimora (Usa), quotato sul Nasdaq dal 1986 e parte dell’indice S&P 500 e dell’indice S&P 500 Dividend Aristocrats.

Dal 1986 al 1996, gli utili per azione dell’S&P 500 sono cresciuti del 159%, mentre quelli delle utility non sono saliti affatto. Ciò è riconducibile alla debole struttura normativa, all’inflazione elevata, all’incremento dei prezzi di gas naturale, allo sforamento dei costi sui progetti di ampia scala e alla costante battaglia tra utility impazienti di accrescere le proprie tariffe da un lato e regolatori intenti a limitare l’impatto sulle bollette dei consumatori dall’altro.

In seguito, il calo dei prezzi del gas naturale, la conversione della generazione di energia dal carbone al gas e i minori costi delle rinnovabili hanno permesso alle utility di aumentare le proprie tariffe e di conseguenza i profitti senza far impennare i prezzi per i consumatori.

Nel frattempo, i tassi di crescita degli utili delle utility, in accelerazione, sono andati convergendo con quelli dell’S&P 500, in rallentamento. Grazie ai dividend yield superiori per le utility, ora i profili total return sono simili. Ciò dà agli investitori in utility l’opportunità di perseguire rendimenti simili a quelli dell’S&P 500, senza correre lo stesso rischio secolare, economico e valutario, e con circa solo un quarto della volatilità dell’indice.
In questo quadro persistono però alcune possibili fonti di preoccupazione, come ad esempio un divieto al fracking che spingerebbe al rialzo i prezzi di gas naturale, mettendo sotto pressione i costi per i consumatori, o ancora una regolamentazione scarsa, un significativo incremento dell’inflazione o dei tassi di interesse e una riduzione dei ritorni sull’equity consentiti dalle autorità.

“La convinzione comune sulle utility – vale a dire che il successo delle società di questo settore sia direttamente legato alla direzione dei tassi di interesse e non alla crescita degli utili – è ormai obsoleta”, spiega David Giroux, Chief Investment Officer, Equity e Multi-Asset, Head of Investment Strategy e portfolio manager di T. Rowe Price. “Le dinamiche di questa industria stanno cambiando per molteplici ragioni, e gli utili stanno crescendo a un ritmo che non è mai stato così veloce. A nostro avviso, questo è l’unico comparto difensivo che non corre il rischio di disruption secolare. I solidi investimenti delle utility nelle rinnovabili stanno creando un volano che può rivelarsi vantaggioso per tutti. Le aziende riescono a mettere a segno una crescita più rapida e a migliorare le relazioni con i regolatori, mentre il pubblico e la classe politica ottengono un’energia più pulita senza essere penalizzati da un impatto negativo sulle bollette dei consumatori”.

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