Generali, l’effetto Donnet costa quasi il 20%

Non è certamente un buon momento quello che sta vivendo da qualche mese il gruppo Generali. Dopo la spaccatura avvenuta in seguito alla conferma di Philippe Donnet come amministratore delegato, dove a fronte della votazione unanime raggiunta sul nome del presidente Andrea Sironi, ex rettore della Bocconi, Donnet aveva ricevuto due voti contrari (Caltagirone stesso e Flavio Cattaneo) e un’astensione (Marina Brogi), si sono susseguiti episodi che hanno minato la stabilità del Leone di Trieste.

In primis lo scorso maggio vi è stata l’uscita di scena dal cda dello stesso Gaetano Caltagirone, dopo la mancata nomina di Luciano Cirinà come ceo, con la lista alternativa che si era fermata al 41,73% (55,9 invece per la lista del board). Successivamente l’imprenditore era anche sceso attorno al 7,45% del capitale, in seguito all’esercizio di contratti derivati sul 2,5% del Leone che avevano scadenza 17 giugno.

In secondo luogo ai primi di luglio era stata riportata dal Sole 24 Ore la notizia di una lettera inviata da Consob a Generali per conoscere le motivazioni dietro allo stop del candidato delle minoranze ed ex manager di Generali, Luciano Cirinà.

Infine qualche giorno fa è arrivata la faticosa nomina di Stefano Marsaglia, sostituito del dimissionario Caltagirone, avvenuta con due voti contrari. In tutto ciò i consiglieri di minoranza, sostenitori di Cirinà, si sono riservati di valutare se con la cooptazione di Marsaglia ci sia stata una violazione dello statuto.

Insomma, un clima decisamente teso che probabilmente è andato anche a riflettersi in una performance sui mercati altrettanto problematica; andando a osservare l’andamento del corso azionario, si può osservare che, a partire dal 29 aprile, giorno della notizia della conferma di Donnet a oggi, il titolo ha perso quasi il 20% del proprio valore, precisamente il 18,9%.

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