TCW: Mercati emergenti, tre rischi da monitorare nel reddito fisso

A cura di Anisha Goodly, Managing Director, Emerging Markets, TCW

Il mese di aprile è stato caratterizzato da un significativo sell-off dei Treasury americani sulla scia di dati più solidi negli Stati Uniti e dei timori di un’inflazione vischiosa. Inoltre, l’escalation del rischio geopolitico in Medio Oriente ha portato all’aumento dei prezzi del petrolio e della volatilità, prima di attenuarsi leggermente a fine mese. Nel breve termine, le prospettive economiche e inflazionistiche dei mercati emergenti rimangono buone: la crescita globale continua a mostrare alcune sacche di inaspettata resilienza, la ripresa sbilanciata della Cina acquista vigore e l’inflazione dei mercati emergenti rallenta gradualmente. Alcuni grandi paesi come India e Brasile, mostrano una crescita economica robusta, mentre altri stanno iniziando a cambiare direzione dopo brevi rallentamenti economici o recessioni poco profonde.

Il 2024 sarà un periodo di transizione verso un contesto più favorevole nel medio termine, per i mercati emergenti, grazie a politiche monetarie più accomodanti nelle principali economie, alla potenziale debolezza del dollaro e alla rifocalizzazione delle grandi economie emergenti verso gli obiettivi di crescita potenziale e di inflazione.

 I fondamentali degli emergenti sono ragionevolmente solidi e non si prevedono default sovrani per il 2024.

A fronte di un rapporto debito/Pil che nelle economie sviluppate supera il 100%, nei mercati emergenti si attesta al 67%. Inoltre, per la prima volta da un decennio a questa parte si prevede che gli upgrade dei rating superino i downgrade. Tra i paesi migliorati di recente figurano: Argentina, Benin, Brasile, Costa d’Avorio, Giamaica, Qatar, Turchia e Uruguay.

Focus sulla politica monetaria

Nel breve termine, il mercato sarà guidato dalle aspettative sulla politica monetaria statunitense e sulla crescita globale. Si prevede che la volatilità diminuirà nel momento in cui vi sarà maggiore chiarezza sull’avvio del ciclo di allentamento della Fed, che potrebbe spingere i flussi verso i mercati emergenti e gli altri risk asset. Per l’anno in corso si prevede che i rendimenti delle valute forti dei paesi emergenti, saranno trainati in larga misura dal carry e sostenuti dai tassi statunitensi più bassi.

Per quanto riguarda la valuta locale, i tassi reali dei mercati emergenti continuano a rimanere interessanti rispetto ai tassi dei mercati sviluppati. In Brasile e Messico i tassi reali ex-ante sono pari a circa il 6-7%, in Colombia a circa il 5%, in Indonesia e Sudafrica al 3-3,5%, ben al di sopra del tasso reale statunitense che si attesta al 2,1%. Il recente sell-off della duration in valuta locale non è stato determinato solo dall’aumento dei rendimenti statunitensi, ma anche dalla maggiore volatilità dei tassi americani. Con l’attenuarsi dello shock di volatilità, si ritiene che le banche centrali dei paesi emergenti con forti tendenze disinflazionistiche saranno in grado di tagliare i tassi, anche se la Fed rimanderà nuovamente il taglio dei tassi.

Il dollaro verso l’indebolimento

Il dollaro USA si trova in una fascia di oscillazione dall’inizio del 2023 e, a nostro avviso, dovrebbe iniziare a indebolirsi una volta che i mercati si saranno convinti che la Fed è sulla via dell’allentamento. Un altro fattore importante per l’andamento del dollaro in futuro sarà la crescita globale. Pur essendo all’inizio del ciclo economico, gli indici globali dei direttori degli acquisti (PMI) stanno iniziando a migliorare, contestualmente anche la domanda di materie prime sta aumentando. Le prospettive europee di crescita stanno migliorando, dopo aver scontato l’aumento dei tassi e la diminuzione della domanda da parte della Cina, che hanno colpito l’Europa nel 2023. Inoltre, mentre la ripresa cinese è stata incerta e disomogenea, i dati della Cina di quest’anno hanno sorpreso al rialzo, grazie a una serie di misure più mirate, tra cui la riduzione dei tassi d’interesse, la rimozione delle restrizioni edilizie e gli swap del debito pubblico locale, che stanno iniziando ad avere un impatto positivo sull’economia.

I rischi da monitorare

I rischi geopolitici restano una fonte di preoccupazione. Sebbene il nostro scenario di base per la guerra tra Israele e Hamas abbia ipotizzato che i combattimenti sarebbero rimasti all’interno della regione, la recente escalation tra Israele e Iran, con i suoi alleati, ha aumentato le probabilità di un ampliamento del conflitto che si teme durerà ancora a lungo.

Sul fronte elettorale, le elezioni americane potrebbero essere fonte di volatilità nella seconda metà dell’anno, data la divergenza tra le politiche commerciali ed estere dei candidati. Se Donald Trump dovesse essere eletto presidente, potrebbe imporre i suoi discussi dazi del 60% alla Cina e colpire anche gli alleati americani di lunga data (Canada e Unione Europea) con nuove e ingenti tariffe. I dati statunitensi suggeriscono un atterraggio morbido, piuttosto che duro. Tuttavia, rimane il rischio che tassi alti mantenuti per lungo periodo, facciano precipitare l’economia statunitense in una spirale negativa, provocando un allargamento degli spread, in particolare quelli dei bond ad alto rendimento.

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