Promotori Finanziari – L'abito fa il monaco

Sta per iniziare la stagione calda. Chi lavora in ambito finanziario (specialmente per quel che riguarda posizioni in diretto contatto visivo con la clientela) dovrà combattere con la classica cravattona d’ordinanza. Un esercito di impiccati viventi in pieno stile George Romero, che molto spesso si domanda se sia davvero un vantaggio presentarsi eleganti ma sudati fradici, piuttosto che informali ma freschi. Malgrado i piacevoli casual Friday, la penisola italica è da sempre affezionata alle sculture di marmo, e i vari gessati iperermici con cui circolano molti professionisti ad agosto lo dimostra. Ma sembra che effettivamente vi sia un vantaggio, specialmente se si parla di promotori.

Molti studi di psicologia nella ricerca di mercato condotti in America hanno dimostrato che un’agente o un promotore che si è presentato per la prima volta da probabili clienti con abbigliamento e stile consono all’occasione ha ricevuto su un campione di 10 visite ben 3 contratti conclusi, 4 contatti positivi per contratti futuri e 3 non interessati, contro risultati inferiori del soggetto casual (entrambi persone alle prime armi e dal profilo simile). L’abito sembra quindi fare perfettamente il monaco.

Stressati da questa, seppur fruttifera, tortura viene poi da chiedersi se le spese sostenute per il vestiario (deodoranti esclusi) siano deducibili. Per alcuni non si ravvisa alcuna inerenza di tali spese con i ricavi prodotti dal promotore, e non rientrando neanche in spese di rappresentanza ex art. 108 del Testo Unico dell’Imposte sui Redditi (D.P.R. 917/1986) in quanto sostenute per migliorare l’immagine personale del promotore e non dell’impresa.  Per altri invece dobbiamo procedere per interpretazione del combinato disposto di più norme. Un principio generale da tener presente nella determinazione della deducibilità di una spesa è l’”inerenza” della stessa all’attività svolta nel suo complesso come ribadito da alcune circolari e risoluzioni ministeriali. La circolare ministeriale n. 30 del 7 Luglio 1983 osserva che “…in via preliminare tutti i costi e gli oneri sono deducibili se e in quanto provvisti dei requisiti della certezza, della competenza e dell’inerenza..” precisando che “Contrariamente alla legislazione pre-riforma, secondo la quale la spesa, per essere ammessa in deduzione, doveva presentarsi nella sua individualita` come condizione non generica, ma specifica, perchè il reddito si producesse, attualmente il concetto d’inerenza non e` piu` legato ai ricavi dell’impresa, ma all’attivita` della stessa, con la conseguenza che si rendono detraibili tutti i costi relativi all’attivita` dell’impresa e riferentesi ad attivita` ed operazioni che concorrono a formare il reddito d’impresa”. La risoluzione ministeriale n. 9/1603 del 12 febbraio 1985 ribadisce, in riferimento alla predetta circolare, come in riferimento all’inerenza, “…si rendono deducibili anche i costi e oneri sostenuti in proiezione futura, come le spese promozionali e comunque quelle dalle quali possono derivare ricavi in successione di tempo…”

Insomma, nonostante ci si renda conto di come il vestito di ordinanza renda spesso un termosifone estivo ambulante chi lo indossa, la business etiquette viene prima di tutto. Se la cosa ci può consolare, negli Stati Uniti c’è sempre più spazio per l’abbigliamento casual, anche tra i top manager. Chissà, magari tra due o tre secoli, sarà così anche in Italia.

 

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!