Consulenti – E’ arrivato il tempo della parcella

Esiste realmente in Italia una domanda di consulenza, ovvero detta in altri termini vi sono clienti disposti a pagare questo servizio? La domanda ricorre con una certa frequenza ogni volta che si affronta l’argomento, con varie risposte a seconda di chi si interroga. Massimo Scolari, segretario generali di Ascosim, nel corso del recente primo Forum Nazionale sulla consulenza finanziaria (organizzato nel marzo scorso a Milano) ha sostenuto, ad esempio, che i clienti esistano ma che “non vogliano pagare per una cattiva consulenza”. Il punto discriminante sarebbe in sostanza “la credibilità di chi offre il servizio di consulenza, la sua indipendenza, i suoi risultati. In una parola: la sua qualità”. Una qualità che si deve poter esprimere tanto a livello di prodotto quanto di modalità operative dei consulenti, i quali in buona sostanza debbono essere in grado di gestire l’intero patrimonio del cliente partendo dall’analisi delle esigenze dell’investitore per arrivare a formulare specifiche raccomandazioni d’investimento su vari orizzonti temporali oltre che su differenti classi di strumenti o mercati d’investimento.

Bisogna insomma sviluppare anzitutto un buon metodo di profilazione, un poco come ha saputo fare Mark Zuckerberg, fortunato sviluppatore del social network Facebook (passato in pochi anni a valere da zero a 80 miliardi di dollari), che a detta di molti esperti di informatica è un “colabrodo” in termini di qualità tecnica ma è un’autentica “macchina da guerra” per capire gusti, interessi, amicizie e relazioni dei propri utenti, come hanno scoperto (e apprezzato) aziende e persino agenzie di “intelligence” di tutto il mondo. Il problema, sottolineano altri, sta tuttavia nei numeri: sul fronte dell’offerta, in Italia operano 103 società di intermediazione mobiliare (Sim) autorizzate e tutte hanno anche servizi di consulenza. Di queste, solo 24 si dedicano unicamente all’advisory.

Le banche autorizzate a operare sono invece 702, di cui 673 fanno anche consulenza, così come fanno 53 delle 196 società di gestione del risparmio (Sgr) operative. Un punto interrogativo è ancora la consistenza della domanda, sia come numero (e distribuzione) dei singoli clienti, sia come consistenza patrimoniale (individuale e complessiva), anche se Ascosim offre una primissima indicazione segnalando come a fine 2010 i capitali in consulenza che facevano riferimento alle 17 Sim associate ammontassero a 37 miliardi di euro complessivi, in crescita del 9% rispetto a fine 2009. Un mercato nascente, dunque, ma già ora non trascurabile nel quale gli intermediari nazionali sembrano poter avere qualche atout in più, mentre per ora non è possibile prevedere se avranno più successo i consulenti finanziari persona fisica o le società (Srl e Spa), per quanto alcuni esperti parlino di un’inevitabile selezione che potrebbe avvantaggiare chi oltre ad una buona competenza e alla qualità dei propri servizi sarà dotato di una maggiore forza economica.

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