Dla Piper, la voluntary disclosure sarà una benedizione per i pf

VOLUNTARY DISCLOSURE – La voluntary disclosure, arrivata in Italia nel 2013, è un provvedimento di rientro dei capitali dall’estero. Ma non sarebbe corretto paragonarla a una riedizione dello scudo fiscale. A spiegare a BLUERATING  come funziona la procedura volta a regolarizzare la posizione dei cittadini con il Fisco è Antonio Tomassini (nella foto), partner responsabile del dipartimento Tax in Italia dello studio legale Dla Piper.

Vuole spiegare ai nostri lettori cosa si intende per voluntary disclosure?
Lo scopo della voluntary disclosure è quello di permettere ai contribuenti italiani che nel passato hanno nascosto capitali e redditi all’estero senza dichiararli in Italia di regolarizzare la propria posizione con il fisco italiano, beneficiando di sanzioni in misura ridotta. Già nel 2010 l’Ocse ha pubblicato un report incoraggiando gli Stati membri a porre in essere politiche di “denuncia volontaria” e oggi numerosi Paesi europei hanno accolto il suggerimento. In Italia l’Agenzia delle Entrate, nella Circolare 25/E del 31 luglio 2013 sugli indirizzi operativi per la prevenzione e il contrasto all’evasione, individua nell’Ufficio centrale per il contrasto agli illeciti fiscali internazionali l’organo deputato a vagliare le procedure e le alternative per sviluppare l’attività di voluntary disclosure. Pur in assenza di una copertura normativa, l’Agenzia ha già iniziato a sedersi al tavolo con i contribuenti per cercare di trovare l’accordo. Il Governo si aspetta un aumento delle entrate nel breve periodo grazie al voluntary disclosure program che dovrebbe servire a coprire le maggiori spese necessarie per la riduzione del cuneo fiscale nei prossimi anni. Siamo tuttavia in attesa di una norma ad hoc sulla voluntary disclosure che garantisca una copertura penale espressa per chi si autodenuncia e coordini la riduzione delle sanzioni alla metà con le altre riduzioni previste in caso di definizione agevolata. In ogni caso, la voluntary disclosure non è una riedizione dello scudo fiscale.

Quali le differenze con lo scudo fiscale?
 Innanzitutto, mentre nello scudo il contribuente poteva regolarizzare la propria posizione pagando un’imposta forfettaria, di favore, sull’ammontare dei capitali detenuti all’estero, nella denuncia volontaria è previsto il pagamento integrale delle imposte che si sarebbero dovute versare negli anni interessati. Inoltre ad oggi non sono previste, in caso di voluntary disclosure, “protezioni” rispetto ad accertamenti futuri, garantite invece dallo scudo nelle sue tre edizioni.

Che vantaggi offre ai risparmiatori?
Innanzi tutto, la detenzione illecita di capitali all’estero non dichiarati è sempre più rischiosa. Attraverso la voluntary disclosure il contribuente può “giocare d’anticipo” e regolarizzare la propria posizione con il fisco, pagando almeno le sanzioni in misura ridotta.

Bluerating si occupa di risparmio gestito. La voluntary disclosure potrebbe avere un impatto anche su questo settore?
Una volta che i contribuenti regolarizzano la propria posizione, possono rimpatriare i capitali senza problemi fiscali. Si tratta di capitali e attività finanziarie precedentemente gestiti all’estero, tipicamente in paradisi fiscali, che andranno verosimilmente ad aumentare il patrimonio gestito dagli intermediari italiani. Del resto ogni manovra di rimpatrio di capitali è un toccasana per l’economia perché rimette in circolo ricchezza, con benefici per tutti gli operatori del settore. Inoltre l’attesa legge ad hoc in tema di voluntary potrebbe consentire forme di regolarizzazione attraverso strumenti finanziari (tipo polizze) attribuendo un ruolo più attivo agli intermediari.

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