Ancora poca liquidità

Il vero problema sarà ora la disoccupazione, che avrà degli effetti a catena molto duri se non verrà combattuta in tempo. Come combatterla dunque? Purtroppo, la risposta risiede in una parola, fiducia. Fiducia che le imprese dovranno dare alla ripresa economica. Esse dovranno crederci così tanto da abbandonare la, seppur giusta al momento, politica della “massima resa con la minima spesa”.

Non dovranno avere timori di ritorni di fiamma e dovranno assumere manodopera in modo tale da far aumentare il reddito personale e con esso i consumi e l’inflazione, che come si sa, è necessaria in un sistema economico in equilibrio fisiologico. Anche l’attuale stabilizzazione del mercato immobiliare statunitense non sarà abbastanza da sola per far ripartire il meccanismo.
I dati rilasciati giovedì sulle nuove richieste di sussidi di disoccupazione, effettuate da chi ha perso il lavoro da non più di un anno dalla rilevazione, hanno mostrato una sorta di stabilità della situazione, mantenendosi su livelli sostenuti, basti pensare che in valore assoluto hanno toccato le 570.000 unità rispetto alle 576.000 precedenti.

Gli altri dati macroeconomici possono iniziare a dare delle indicazioni più chiare sullo status quo della ripresa, ma non vengono ancora guardati con la dovuta attenzione da un mercato che risulta confuso e che, a parte qualche fiammata di reazione sulle diverse release, ha mantenuto gli equilibri di medio periodo sui maggiori rapporti di cambio (cosa che è avvenuta anche ieri sul rilascio di jobless e Pil, che è uscito migliore delle attese a -1%). Il che, a nostro parere, in un mercato tanto incerto e che ha bisogno soltanto di rassicurazioni più frequenti e su più fronti per tranquillizzarsi e capire che direzione prendere, è soltanto un bene. L’economia reale infatti ha bisogno di tutto tranne che di movimenti rapidi e volatili sul mercato dei cambi in quanto si andrebbero ad intaccare gli equilibri che si stanno cercando di ritrovare sui fronti import ed export dei vari Paesi.

L’incertezza appena citata si riflette perfettamente sul mercato, che rimane in range e da lì non vuole proprio muoversi. Il cambio EurUsd ha trovato dei confini inequivocabili, che vengono individuati in 1.4000 come supporto e 1.4450 come resistenza. Il fatto che si siano formati evidenti minimi superiori a partire dalla metà di giugno ed il fatto che il dollaro rimane ancora molto correlato con i mercati azionari, ci fa pensare che si arriverà a visitare la parte alta del canale in grafico, prima di poter assistere alla tanto chiamata correzione delle borse (attesa da molti analisti tra settembre e ottobre) che farebbe tornare il cambio verso la fascia bassa.

Un primo strappo c’è stato ieri sera, quando abbiamo assistito a forti vendite di dollari, che nel giro di 10 minuti hanno fatto sobbalzare molti rapporti di cambio. Il movimento sembra essere partito da UsdChf, che è passato in pochi minuti da 1.0668 a 1.0525, trascinando con lui una catena di acquisti e vendite da parte dei market makers impanicati per coprire le posizioni in essere dei clienti. Il problema è la liquidità di mercato, come diciamo da tempo, ed i risultati si sono visti. L’EurUsd è arrivato a battere 1.4405 e al momento in cui scriviamo si trova al di sotto di una resistenza di breve periodo posta a 1.4370.

Stop loss, giustificano sull’interbancario, “stop loss in a thin market”.
Ma ragionando insieme a diverse controparti ieri sera e questa mattina, ci viene da pensare…
Riportiamo uno scorcio di conversazione:
“It’s been a while since there’s been that type of order in the market and the fact that some of the banks are being rather quiet about what happened, makes me think that they don’t want anyone to know they got caught and/or they’re all dealing for the same fund/client, so they all tend to just say we’ve no idea of what happened, we saw nothing, eventually someone will point the fingers at a particular bank that started it”.
La risposta che mi è stata data: “Goldman Sachs???”

EurUsd – grafico orario

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