Banche, calano le sofferenze. Ma attenzione ai titoli tossici

SOFFERENZE IN CALO – A fine 2019 le sofferenze nette delle banche italiane si dovrebbero attestare a 42,5 miliardi di euro, in discesa per oltre 40 miliardi di euro nel triennio. Lo rivela il rapporto di previsione Afo 2017-2019 dell’ufficio analisi economiche dell’Abi, secondo cui “il rapporto tra crediti deteriorati lordi complessivi e prestiti (Npl ratio) è visto inferiore al 10% già da metà 2019. La redditività del settore bancario trarrà ovviamente beneficio dallo scenario. In particolare, si registrerà una riduzione dell’incidenza dei costi operativi sui ricavi e una rilevante flessione del costo del rischio”.

RISCHIO TOSSICO – Per le banche europee nel loro complesso, tuttavia, uno dei maggiori rischi è rappresentato dai titoli tossici. Lo riferisce uno studio di Bankitalia, ripreso da Il Sole 24 Ore, secondo cui nei bilanci degli istituti di credito europei c’è un rischio per l’intero sistema che vale 6.800 miliardi di euro tra attivi e passivi. Si tratta di 12 volte l’ammontare dei crediti in sofferenza. Eppure di titoli illiquidi (quelli che una volta venivano chiamati tossici e che sono catalogati in bilancio al «Livello 2» e «Livello 3») si parla molto meno, sebbene rappresentino un rischio altrettanto importante. Lo evidenzia con dovizia di particolari la ricerca della Banca d’Italia, precisando che non solo i titoli illiquidi sono opachi e complessi e potrebbero essere soggetti a shock di prezzo, ma potrebbero arrivare a scardinare i bilanci delle banche che li hanno in portafoglio. Basta un calo del 5% del valore dei titoli di «Livello 2» e «Livello 3», calcola infatti Bankitalia, per ridurre in media il capitale di migliore qualità (Cet1) delle 18 banche europee più esposte di 350 punti base, portandolo dal 14% sotto l’11%. E questa è solo una media: per alcune banche l’impatto sul Cet1 sarebbe pari a 1.470 punti base, mentre per altre solo pari a 70. I titoli illiquidi sono quelli che non hanno un mercato di riferimento e dunque non hanno un prezzo certo al quale iscriverli in bilancio. Le regole contabili delle banche dividono i titoli nei loro bilanci in tre categorie: quelli di «Livello 1» sono i liquidi, con prezzi riscontrabili sul mercato; quelli di «Livello 2» non hanno prezzi certi sul mercato ma hanno titoli simili quotati o comunque qualche indicazione diretta o indiretta che permetta di determinare un prezzo; quelli di «Livello 3» sono i titoli complessi senza alcun punto di riferimento, neppure indiretto, sul mercato, per questo sono invalutabili. Per iscriverli in bilancio le banche usano modelli matematici. Ed è proprio su questo aspetto che Bankitalia punta il dito: “I principi contabili lasciano alle banche spazio per interpretazioni e per fare scelte discrezionali su questi titoli – si legge nello studio -. Le banche hanno dunque l’incentivo a usare questa facoltà per distorcere il processo valutativo, con l’obiettivo che può variare da riconoscersi profitti incerti immediati fino a minimizzare gli aggiustamenti sul fair value anche in condizioni di estrema illiquidità”. Dato che il valore di questi titoli viene iscritto in bilancio a discrezionalità delle banche, le stesse possono avere gioco su come orientarsi. “Le banche – sottolinea via Nazionale –  sono incentivate ad usare questa discrezionalità a proprio vantaggio” e dunque “i profitti che emergono da certi titoli complessi dovrebbero più propriamente essere catalogati come premi per rischi nascosti”.

Vuoi ricevere le notizie di Bluerating direttamente nella tua Inbox? Iscriviti alla nostra newsletter!