Consulenti: anticorpi del mercato contro il catenaccio

Più si avvicina il momento del verità, più la paura aumenta. È in arrivo infatti, il primo rendiconto “trasparente” attraverso il quale le banche e le reti di consulenti finanziari dovranno specificare ai loro clienti, in base alla direttiva Mifid 2, qual è stato l’effettivo costo del servizio di advisory. Il diavolo ci ha messo lo zampino perché le carte dovranno essere messe sul tavolo proprio alla fine di un anno, il 2018, che ha visto rendimenti negativi per quasi tutte le asset class; un periodo nel quale i clienti più fortunati hanno perso comunque ma in misura contenuta.

La paura prende forme strane: si parla di rendiconti lunghi decine e decine di pagine, di documenti inviati ai clienti come pdf allegati pesantissimi e che quindi non invogliano alla loro apertura e presa visione, di dati che si riferiscono sì al 2018 ma che si allungano anche al biennio precedente, anni nei quali i mercati sono andati decisamente meglio così come le performance. Nel frattempo l’industria si è mossa. Abi, Assoreti, Assosim e Assogestioni hanno fatto fronte comune e hanno chiesto alla Consob di fatto uno slittamento dei tempi dei rendiconti per proporre all’Esma, l’omologo su scala europea dell’authority italiana, l’avvio di un tavolo di lavoro al fine di fugare i dubbi sulla stesura dell’informativa. Così le associazioni hanno chiesto di inviare i rendiconti solo dopo aver ricevuto tutte le informazioni dai diversi produttori e aver effettuato le elaborazioni dei dati, cosa che richiede tempi tecnici. In tal modo, per usare un prima metafora, hanno messo il sedere davanti alla pedata.

La Commissione infatti, che pure non ha mai brillato per coraggio, ha espresso un “richiamo di attenzione sui costi e gli oneri connessi alla prestazione di servizi di investimento e accessori e agli strumenti finanziari”. Consob ha sostenuto che “le informazioni devono essere corrette, chiare e non fuorvianti e vanno rese in una forma comprensibile”. Già questo basterebbe a liquidare la tecnica del catenaccio delle associazioni, così cara al calcio italico, ma c’è dell’altro. I consulenti più bravi, e molti di loro sono quelli con portafogli più importanti, hanno capito che la Mifid 2 davvero cambierà le regole del gioco. E che forse le mandanti che li strapagavano ma che a fronte di ciò caricavano di costi elevatissimi il cliente, non hanno più tanto appeal nel mondo futuro degli investimenti dove la fidelizzazione verrà messa sempre alla prova dell’effettivo rapporto costi-benefici (rendimenti). Così molti di loro magari sceglieranno mandanti meno grandi e blasonate ma con business model più rispettosi del cliente, unico vero patrimonio di un cf. A dimostrazione che oltre al catenaccio, anche la melina non paga davanti agli anticorpi del mercato. E che vincerà chi sulla trasparenza andrà per primo all’attacco.

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