Fintech, il disastro Tinaba

Matteo Arpe (nella foto) ha messo in vendita la sua Banca Profilo ma dopo cinque anni di vita, quattro di attività e oltre 26 milioni di euro di perdite stenta a decollare Tinaba, l’app lanciata nel 2016 da Sator, il fondo di private equity che fa capo  ad Arpe insieme alla sua banca Profilo. Tinaba (acronimo di “This is not a bank”) vuole porsi come nuova frontiera dei pagamenti digitali e nel 2018 aveva stretto un accordo con la cinese Alipay, poi ampliato lo scorso anno.

Ma il bilancio 2019, approvato poche settimane, si è chiuso con una perdita di 6,4 milioni rispetto a quella di 9,2 milioni dell’anno precedente e che si aggiunge a quella di 7,7 milioni del 2017 seguita al rosso di 3,2 milioni del biennio precedente. Anche il passivo dello scorso anno è stato rinviato a nuovo. Tinaba, pur considerabile dal punto di vista tecnico ancora in fase di start-up, sta costando molti agli azionisti pur se gli aumenti di capitale del 2018 e dello scorso anno hanno consentito di iscrivere a bilancio una riserva sovrapprezzo azioni di 15 milioni.

Nel consiglio d’amministrazione di Tinaba con l’assemblea che ha approvato il bilancio, siedono fra gli altri Luca e Riccardo Arpe, cugini di Matteo che è amministratore delegato.

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