Fondi: ecco cosa emerge dal report dell’Esma

Nell’ultimo market report divulgato dall’ESMA (l’Autorità Europea di Vigilanza sui Mercati) intitolato “Costs and Performance of EU Retail Investments Products 2023” sui costi e rendimenti dei fondi e degli strumenti di investimento in Europa, viene elaborata una diagnosi annuale del comparto dei fondi mobiliari e dei prodotti di investimento in generale, di notevole utilità per i risparmiatori più attenti.

La premessa è che l’industria europea dell’asset management, con 11 mila miliardi di euro di patrimonio gestito secondo le ultime rilevazioni del 2021, è molto più piccola rispetto a quella americana: rappresenta infatti solo il 30% degli asset globali contro il 48% di quelli Usa.

Altre differenze significative evidenziate nel report riguardano gli investitori retail, con le famiglie europee che detengono il 60% del totale dei fondi contro l’88% di quelle statunitensi.

Ovviamente i fondi americani sono in media molto più grandi e questo spiega, per la logica delle economie di scala, le differenze in termini di “prezzistica” per gli investitori.

Il report rileva una certa eterogeneità nella tipologia di investimenti condotti in Europa: in Olanda e Svezia i fondi azionari rappresentano circa il 65% sul totale dei portafogli, mentre in Italia, fanalino di coda, soltanto il 10%.

Allo stesso tempo gli studi dimostrano come in Europa i rendimenti a 10 anni per i sottoscrittori di fondi con portafoglio a prevalenza azionario siano in media del 9%. Per chi ha scelto i prodotti a reddito fisso, sullo stesso orizzonte temporale di 10 anni, i rendimenti si riducono a un terzo. E in Italia, come riportato nel documento, i prodotti di investimento a reddito fisso restano il genere preferito.

Il messaggio del report è chiaro, fanno notare da Fundstore: “Un portafoglio di fondi costituito in prevalenza da prodotti azionari performa molto meglio nel lungo periodo, mitigando in modo ottimale le oscillazioni del mercato”.

Buone notizie arrivano poi sul piano dei costi, da sempre un tasto dolente per il comparto fondi comuni.

Dal 2017 a oggi, infatti, le commissioni medie per i prodotti azionari europei sono scese da 1,72% a 1,57%.  Un calo complessivo del 10% con conseguente restituzione di valore in termini di rendimenti.

Sui costi giocano un ruolo importante le economie di scala. Infatti, sempre secondo il report di ESMA, il 25% dei fondi europei azionari più grandi in termini di volumi ha costi di gestione ricorrenti del 30% inferiori rispetto al 25% rappresentato dai fondi più piccoli.

Sempre sotto il profilo dei costi emerge una certa eterogeneità tra i vari stati europei. L’Italia, annoverata tra i Paesi con la media costi più alta, non brilla certo per merito. Il motivo risiede probabilmente nella struttura della rete distributiva, costituita perlopiù da reti di consulenti finanziari che fanno spesso capo alle banche, che sono a loro volta le mandatarie nella vendita dei prodotti stessi, determinando così una concorrenza meno aperta rispetto ad altri Paesi.

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