Vincere a colpi di hig yield: ecco dove investire

Il 2012 è stato un anno molto buono per il mercato high yield europeo, che ha portato a casa un rendimento totale pari al 27,2%. Pur non prevedendo una performance analoga nel 2013, in M&G sono convinti che il mercato presenti ancora interessanti sacche di valore, per esempio nella periferia europea. A spiegare le linee guida secondo cui conviene ancora guardare a questa asset class è James Tomlins, gestore del fondo M&G European High Yield Bond.

A quali società guardare?
È essenziale valutare le società spagnole, italiane, greche, irlandesi e portoghesi. In tempi di incertezza e austerità, la periferia è senza dubbio una fonte di rischi ma anche di opportunità. Capita di scartare istintivamente una società solo a causa della sua sede. Ecco perché è molto importante analizzare i fondamentali dell’attività, a prescindere dalla collocazione geografica. Non di rado, infatti, il mercato applica un premio di rischio ingiustificato a imprese di ottima qualità.

E cosa occorre considerare, quando si seleziona un titolo?
La provenienza dei flussi di cassa e degli utili di una società, perché la presenza sui mercati esteri mitiga eventuali debolezze interne. Inoltre, se nel tempo l’attività internazionale diventa la fonte prevalente di utili e cash flow, il premio per il rischio periferico si ridurrà a vantaggio degli obbligazionisti. Per esempio, Fage Dairy Industry è un’azienda greca produttrice di yogurt che, negli anni, ha investito negli Stati Uniti, e ora queste attività rappresentano la maggior parte dei flussi di cassa del gruppo. Poi bisogna guardare a società con bilanci a prova di recessione. Per esempio, l’italiana Bormioli Rocco, produttrice di contenitori e vasellame in vetro, ha pubblicato risultati deludenti negli ultimi trimestri. Il rapporto tra indebitamento netto ed ebitda è aumentato da 2,5x a circa 3,5x in un anno. È certo un peggioramento ma, dato che il punto di partenza era basso, secondo noi la situazione è ancora gestibile.

E sulle obbligazioni denominate in hard currency?
Semmai tornassimo a una situazione in cui è in dubbio l’appartenenza di uno Stato all’eurozona, anche la valuta delle passività di una società servirebbe a limitare il rischio di ribasso. Se, per esempio, i mercati accarezzano l’idea che un eurobond emesso secondo la legislazione interna possa essere ridenominato in una valuta più debole, il prezzo di uno strumento simile sarà molto più vulnerabile di quello di un’obbligazione di diritto statunitense o inglese in valuta estera.

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