State Street Global Advisors: mercati più o meno volubili nel 2018?

Mercati più volubili che nel 2017?

I mercati finanziari saranno più “volubili” quest’anno di quanto non siano stati negli ultimi anni? Se lo domanda Elliot Hentov, responsabile Policy and Research, Official Institutions Group di State Street Global Advisors ricordando come in particolare il 2017 abbia sorpreso gli investitori per “l’incredibile noncuranza con la quale i mercati hanno reagito agli shock geopolitici”, dal risultato delle elezioni in Gran Bretagna alle ripetute sconfitte subite dall’amministrazione Trump sino al braccio di ferro sul nucleare tra Usa e Corea del Nord.

State Street Global Advisors: occhio a sviluppi geopolitici

L’indice VIX (l’indice di volatilità di Cboe) è rimasto ai minimi storici, nota l’esperto del gruppo americano, secondo cui crescita stabile, bassa inflazione, robusti risultati da parte delle società, oltre a una costante fiducia riposta dagli investitori nelle misure adottate dalle banche centrali “sono stati gli elementi ai quali gli investitori hanno dato più peso e che hanno contribuito a portare al rialzo gli asset rischiosi”. Anche se nel 2018 ci sarà un minor numero di eventi politici rilevanti rispetto all’anno scorso, Hentov continua a ritenere che gli investitori debbano prestare molta attenzione agli sviluppi geopolitici, “in quanto stiamo assistendo a un profondo cambiamento all’interno dell’ordine politico mondiale” e sottolinea come saranno tre i temi cui prestare maggiormente attenzione: transizioni, frammentazione e nuovi driver di cambiamento.

Transizione, frammentazione e nuovi driver di cambiamento

Quanto al primo, i periodi di transizione accrescono i rischi di commettere errori di valutazione: nello specifico, visto che l’approccio degli Stati Uniti non è più prevedibile, le crisi geopolitiche sono accompagnate da rischi maggiori. Il processo di frammentazione, per contro, sta distruggendo diversi pilastri dell’ordine internazionale, creando sia rischi che opportunità per gli investitori: “da un lato, ci sono dei costi associati alla diretta interruzione degli scambi e dei flussi di capitali, proprio come è avvenuto per il Qatar”, dall’altro “la frammentazione può portare anche ad un risultato positivo”, ad esempio un’Unione europea ridotta potrebbe realizzare “riforme tangibili che renderebbero la regione più competitiva”. Infine, quanto ai nuovi driver del cambiamento, per Hentov l’ascesa della Cina, che continua in modo strategico ed esponenziale, deve essere considerata insieme alle altre sfide geopolitiche e alle diverse reazioni alla transizione e alla frammentazione.

Molte riforme chiave in corso di implementazione

Tra le riforme più interessanti in termini di impatti che potrebbero produrre, l’esperto cita ad esempio la creazione di uno schema schema europeo di assicurazione dei depositi e il completamento del codice unico europeo e la graduale apertura del conto capitale e l’abbattimento delle barriere in entrata per i capitali stranieri in Cina, ma anche la riforma del codice del lavoro in Brasile, la riforma del settore bancario in India (e l’introduzione di restrizioni all’uso del contante), l’apertura a offerenti privati di concessioni energetiche finora in mano a Pemex in Messico, la riforma del settore minerario in Sud Africa e una maggiore flessibilità dei contratti di lavoro in Turchia.

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