Riflessioni sul 2018: dove investire

A cura di Didier Saint-Georges, Managing Director di Carmignac
Ai fini della performance nei mercati, è poco importante fare delle previsioni corrette. Un anno fa, ad esempio, il consensus degli analisti prevedeva un rialzo del 6% dell’indice S&P nell’anno, performance che fu conseguita in sei settimane. Gli stessi analisti avevano in media anche previsto un rialzo del 10% dell’indice nel 2008, mentre poi si registrò un crollo del 40%. Nel 2017 le migliori performance sono state quelle di chi aveva previsto a inizio d’anno l’apprezzamento del dollaro e il rialzo dei tassi di interesse, ma che poi aveva anche saputo cambiare idea, cavalcando le tendenze più che le analisi, oppure  aveva avuto la fortuna di investire per la maggior parte in euro.
L’elaborazione di uno scenario di riferimento è sicuramente un punto di partenza da cui non si può prescindere. E’ però altrettanto imprescindibile un’analisi dei rischi, sia quelli positivi sia quelli negativi, ovvero la comprensione delle sfide che saranno di maggiore impatto per il mercato, tanto al rialzo quanto al ribasso.
L’analisi di rischi ed opportunità non vieta di essere opportunisti, soprattutto perché ha pagato esserlo nel 2017. Tuttavia è necessaria un’analisi di lungo periodo, per riuscire a generare una performance solida anche tra un ciclo di mercato e l’altro. Queste sfide vengono analizzate sotto tre aspetti distinti, ma tra loro anche strettamente correlati: situazione dei mercati, (valutazioni, liquidità, posizionamenti, fiducia, flussi), economia (crescita, inflazione, tassi di interesse), politica (rischio sovrano, geopolitico, capovolgimenti elettorali).
In base a questa analisi, sembra che il 2018 sarà caratterizzato da sfide decisive per tutti i mercati finanziari, in misura maggiore rispetto al 2017. Sarà pertanto necessario affrontare il nuovo anno tenendo gli occhi ben aperti.
Politica. La politica non è giustamente più un elemento determinante per i mercati: le previsioni in questo campo sono ancora più complicate di quelle relative all’economia e il loro impatto sui mercati è comunque imprevedibile. Poiché le scadenze elettorali, per quanto di rilievo sia negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Europa, sono ormai passate, gli investitori sono tentati di ignorare quasi completamente l’aspetto politico. Questa calma è però forse eccessiva per tre motivi.
In primo luogo, le conseguenze finanziarie ed economiche degli eventi politici spesso si manifestano in ritardo. Sarebbe quindi logico attendersi per l’economia britannica delle ripercussioni negative del voto sulla Brexit più nel 2018 che nel 2017. Il calo della sterlina inglese, aumentando il costo dei prodotti importati, eroderà il potere di acquisto delle famiglie. Allo stesso tempo, l’avvio della seconda fase dei negoziati tra la Gran Bretagna e la Commissione Europea, riguardo ai termini delle relazioni commerciali future, incrementerà l’incertezza sul loro esito e sul futuro del Governo May, dato che difficilmente favoriranno investimenti nel Regno Unito. Infine, un eventuale inasprimento della politica monetaria da parte della Bank of England, a difesa della propria valuta, aggraverebbe il rallentamento economico. Sulla base di queste premesse, abbiamo cominciato l’anno con una posizione short sulla sterlina inglese, che ci avvantaggerebbe in caso di innesco di una spirale ribassista.
Negli Stati Uniti è possibile che il protezionismo del candidato Trump tornerà tra le priorità nel 2018, dopo che nel 2017 era passato in secondo piano nell’agenda del Presidente. Nel contesto di questa nuova crociata, in particolare contro la Cina, vi è la probabilità che una maggiore competitività del dollaro possa rientrare tra le armi brandite dal Presidente statunitense. Pertanto, abbiamo cominciato il 2018 coprendo gran parte del rischio di cambio legato ai nostri asset denominati in dollari. Tuttavia l’eventuale debolezza del dollaro supporterebbe la performance degli asset in portafoglio appartenenti all’universo emergente. Per questo motivo ne abbiamo aumentato il peso nei portafogli.
Il secondo elemento di sfida del 2018 saranno le prossime incerte consultazioni elettorali: in Messico così come in Brasile, gli esiti delle elezioni parlamentari confermeranno o meno le riforme intraprese. Più vicino a noi, la formazione di un Governo in Germania nel corso delle prossime settimane e le elezioni a marzo in Italia offriranno segnali molto tangibili della conferma o meno delle nuove dinamiche di riforma paneuropea avviata dal Presidente Macron in Francia l’anno scorso. Tutto ciò avrà soprattutto ripercussioni sui rendimenti dei titoli governativi dei paesi periferici, ma anche sulla moneta unica, che sarebbe la maggiore beneficiaria, in caso di esito politico favorevole. Per questo motivo è sovrapesata nei nostri portafogli.
Al momento è necessario prestare molta attenzione al Medio Oriente perchè a rischio di instabilità politica, e quindi economica. La storia dimostra che i regimi, rimasti autocratici per lungo tempo, si indeboliscono notevolmente quando avviano finalmente un timido allentamento del loro regime, in genere a causa delle pressioni (pericolo che il Presidente cinese Xi Jinping ha individuato perfettamente e che sta accuratamente evitando). Le nostre posizioni nei titoli azionari delle compagnie petrolifere occidentali, in particolare negli Stati Uniti, e nelle società aurifere costituiscono una polizza assicurativa contro il possibile aumento del rischio politico in quest’area geografica.
Economia
« Un’eventuale crescita globale al di sotto delle attese favorirebbe i titoli growth negli Stati Uniti e i paesi emergenti »
 Il ritmo della ripresa economica globale, che ha beneficiato del rilancio industriale della Cina da inizio 2016, ha costituito la grande sorpresa positiva del 2017. Negli Stati Uniti, l’indice sulle sorprese economiche pubblicato da Citibank ha chiuso l’anno ai massimi storici. Anche nell’Eurozona lo stesso indicatore ha raggiunto alla fine di novembre 2017 il massimo livello dal 2010, anche senza aver registrato una ripresa altrettanto straordinaria.
Data la natura contrarian dell’indicatore, possiamo assumere che esso possa rappresentare un indicatore abbastanza affidabile di future sorprese economiche: con delle previsioni economiche per il 2017 rivelate eccessivamente pessimiste, le previsioni per il 2018 sono state riviste al rialzo, proprio nel momento in cui la fiducia, i consumi, i tassi di attività hanno ormai toccato i massimi. Pertanto, anche se è fair attendersi un’economia globale sostenuta per il 2018, il rischio quest’anno è rappresentato da eventuali notizie deludenti sul fronte economico.
Questa prospettiva comporta alcuni rischi per i mercati azionari, in particolare per i settori ciclici finora sostenuti dalla riforma fiscale statunitense e dal rimbalzo europeo. Tuttavia offre anche opportunità, specialmente negli Stati Uniti, dove a nostro avviso il rischio di delusione è più elevato: l’eventuale debolezza del dollaro e un aumento dei tassi di interesse più contenuto del previsto creerebbe uno scenario fortemente a favore delle valutazioni dei titoli growth negli Stati Uniti e nei paesi emergenti, entrambi ampiamente presenti nei nostri portafogli.
 
Configurazione dei mercati
« L’apice della distorsione dei prezzi di mercato è stato sicuramente raggiunto nel 2017»
 Tutti i mercati hanno registrato una fase unica di apprezzamento da quasi dieci anni a questa parte. La capitalizzazione dei mercati azionari è complessivamente triplicata rispetto al livello minimo registrato nel 2009, e, fattore ancora più eccezionale, questa performance è stata contemporaneamente accompagnata dalla performance dei mercati obbligazionari  e di quelli creditizi. L’ironia di questo circolo virtuoso dei mercati è che è stata proprio l’incapacità delle Banche Centrali di innescare una ripresa dell’inflazione a causare il protrarsi di lunghi anni di acquisti sistematici di titoli obbligazionari, mediante la creazione di moneta. Tutto ciò ha di conseguenza portato all’apprezzamento di qualsiasi asset class, un evento privo di razionalità economica. Questo fenomeno è stato inoltre amplificato dal sempre più rilevante impatto di gestioni passive e algoritmiche.
L’apice della distorsione dei prezzi di mercato è stato sicuramente raggiunto nel 2017, quando la ripresa economica è tornata finalmente a manifestarsi, sostenendo cosi i mercati azionari, ma senza causare al contempo una correzione dei mercati obbligazionari di rilievo. Da questo punto di vista, il 2018 potrebbe rappresentare un importante punto di svolta. Infatti, anche senza attendersi per il 2018 un brusco riassorbimento della grande quantità di liquidità riversata dalle Banche Centrali dal 2009, l’apporto globale mensile verrà comunque ridotto fino a una sua probabile estinzione entro la fine dell’anno. Dall’altra parte la Banca Centrale statunitense si troverà invece per la prima volta in fase di netta contrazione della liquidità. Guidare questa svolta storica senza innescare brusche correzioni dei mercati rappresenterà una sfida senza precedenti per le Banche Centrali. Dato che la maggior parte degli “asset rifugio” tradizionali è diventata a sua volta molto costosa, per la gestione dei rischi gli investitori dovranno ricorrere ad un gestione attiva dei tassi di esposizione tramite appropriati strumenti di copertura.
Come anticipato nella parte iniziale, i tre aspetti, politici, economici e tecnici sono distinti ma strettamente correlati. Una comparsa tardiva di pressioni inflazionistiche spingerebbe le Banche Centrali ad accelerare l’inasprimento delle loro politiche, mettendo in evidenza la sopravvalutazione dei mercati obbligazionari. Viceversa, un’eventuale delusione in termini di crescita e d’inflazione metterebbe alla prova la credibilità delle Banche Centrali. Tuttavia l’estrema fiducia degli investitori, dimostrata dalle eccessive valutazioni e dalla volatilità dei mercati ai minimi storici, sarà influenzata sia dall’orientamento delle Banche Centrali sia dal contesto politico. Il sistema dei mercati ha subito, a causa dell’intervento delle Banche Centrali, una distorsione senza precedenti delle relazioni interne. Questo situazione è però prossima ad un drastico cambiamento a partire dal 2018 e tutto ciò porterà rischi e opportunità completamente nuovi.
 
Strategia di investimento
Azioni. I mercati azionari hanno chiuso il 2017 in grande stile, sostenuti nel mese di dicembre dai paesi emergenti, in particolare dal Brasile. I nostri livelli di esposizione si avvicinano al livello massimo consentito, e la sovraponderazione dei mercati emergenti ci ha consentito di beneficiare di questo movimento. L’equilibrata allocazione settoriale ci ha permesso si contenere l’impatto delle prese di profitto in alcuni titoli tecnologici, grazie alle posizioni detenute nelle materie prime (miniere aurifere e compagnie petrolifere), che nel mese hanno registrato rialzi significativi. Continuiamo inoltre a diversificare le posizioni nei titoli tecnologici, alla ricerca di nuove opportunità di investimento in grado di trarre vantaggio dai mutamenti strutturali in atto. Durante l’ultimo “viaggio studio” negli Stati Uniti, abbiamo quindi aperto una posizione in Shopify, una piattaforma per la distribuzione multimarca e multicanale nell’e-commerce.
Abbiamo inoltre tenuto conto della riforma fiscale approvata negli Stati Uniti per aumentare l’esposizione al settore finanziario statunitense. Tra le altre cose, abbiamo aperto una posizione in  Synchrony Financial, operatore di servizi finanziari per clienti privati. Mentre il ciclo economico sta probabilmente raggiungendo l’apice, affrontiamo il 2018 con scelte coraggiose in termini di selezione titoli, ma con un’esposizione geografica e settoriale ben diversificata ed equilibrata.
Obbligazioni. L’approvazione da parte del Congresso degli Stati Uniti di un piano importante di riduzione delle imposte, così come la decisione della Fed di operare un nuovo rialzo dei tassi di riferimento, sono stati decisamente scontati dal mercato e non hanno innescato movimenti significativi sui tassi di interesse. I rendimenti dei titoli sovrani statunitensi, nonché quelli dei titoli governativi tedeschi sono quindi saliti di meno di 10 punti base nel corso del mese. L’abile guida delle Banche Centrali e soprattutto l’impegno di Mario Draghi a mantenere la pazienza e la cautela nel processo di normalizzazione della politica monetaria dell’Eurozona, hanno consentito ai rendimenti dei titoli sovrani rifugio di restare sostanzialmente stabili nel 2017. Mentre la Fed proseguirà lungo il cammino della normalizzazione in modo inflessibile, il 2018 rischia di essere più complesso per la BCE e per questo motivo manteniamo le posizioni short sulle obbligazioni tedesche.
Tra le obbligazioni che ancora offrono interessanti premi per il rischio, la diversificazione ha consentito di minimizzare l’impatto delle contrastanti tendenze del mese di dicembre. Nei paesi periferici dell’Eurozona abbiamo approfittato del calo massiccio dei rendimenti dei titoli greci a dicembre, dato che dall’altra parte i titoli italiani hanno subito il ritorno delle tensioni politiche. Nel debito emergente, le posizioni in Brasile hanno sostenuto il portafoglio nel corso del mese di dicembre nel momento in cui le posizioni in Messico hanno risentito del contesto geopolitico.
 Valute. L’euro ha chiuso il 2017 su una nota positiva, con un apprezzamento nei confronti del dollaro di oltre il 10% su tutto lo scorso anno. Riteniamo che la debolezza del biglietto verde sia riconducibile a elementi strutturali, che ci portano a mantenere una maggiore esposizione alla moneta unica. Il deprezzamento del dollaro ha rappresentato un fattore di sostegno per le valute emergenti, ad eccezione del peso messicano, che è stato penalizzato dal contesto politico interno e dalle tensioni nei negoziati sul rinnovo del trattato di libero scambio con il Nord America (NAFTA). Durante il nostro “viaggio studio” oltreoceano avevamo individuato questo rischio, e in un’ottica selettiva avevamo aperto posizioni di copertura nella valuta messicana nei fondi emergenti. In termini di valute che potrebbero risentire dei rischi geopolitici, manteniamo anche posizioni sell nella sterlina inglese all’interno dei fondi globali.

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