Mercati Emergenti: azioni e obbligazioni in ripresa, ma i rischi restano

A cura di Raiffeisen Capital Management

Riprese delle azioni e obbligazioni dei paesi emergenti. Ma i rischi restano Nelle ultime settimane sono stati registrati di nuovo flussi lievemente positivi sulle azioni e sui bond emergenti. Ma attualmente sembra piuttosto improbabile che la correzione degli ultimi mesi sia finita perché i fattori di rischio non sono affatto spariti. Tra questi troviamo soprattutto il rischio di un’ulteriore escalation dei conflitti commerciali, un dollaro più forte, un rallentamento della crescita economica in Cina e una diminuzione dell’approvvigionamento di liquidità da parte delle grandi banche centrali. Inoltre, ci sono rischi politici (interni) in diversi paesi (p. es. Turchia, Brasile, Sudafrica).

L’allentamento della politica monetaria della Cina non significa una rinuncia alle riforme La banca centrale cinese ha leggermente allentato la politica monetaria e la congiuntura è stata leggermente più solida del previsto nella prima metà dell’anno. Gli sforzi per arginare il sistema bancario ombra e la corruzione e per limitare la crescita del credito dovrebbero, tuttavia, continuare in linea di principio e penalizzare la crescita economica nei prossimi trimestri. Questo, a sua volta, avrà un impatto negativo sulla maggior parte dei paesi emergenti. A ciò si aggiunge uno yuan nettamente più debole che mette sotto pressione anche le altre valute dei mercati emergenti, specialmente quelle in Asia. Attualmente sembra che Pechino ritenga la sua valuta l’arma più forte nel conflitto commerciale con gli USA.

Uno yuan più debole comporta rischi anche per la Cina Poiché le esportazioni verso gli USA sono molto più consistenti rispetto alle importazioni dagli USA, la Cina non può rispondere 1:1 alla minaccia di un massiccio allargamento dei dazi punitivi USA. La continua svalutazione dello yuan avrebbe effetti collaterali negativi anche per l’economia cinese (p. es. prezzi di importazione più alti delle materie prime, maggiori incentivi per una fuga di capitali dalla Cina). Ma tra le molte cattive opzioni potrebbe essere ancora la migliore. Pechino probabilmente conta di riuscire a limitare un’eventuale fuga di capitali meglio e più velocemente di tre anni fa. L’indebolimento dello yuan e di altre valute dei mercati emergenti significa, in compenso, pressione al rialzo per il dollaro. Tuttavia, questo potrebbe salire anche a causa di tendenze interne negli USA.

La forza del dollaro è però dovuta prevalentemente a cause interne I dati congiunturali più recenti hanno mostrato una crescita molto solida nel secondo trimestre, soprattutto con i consumi interni in forte crescita. Allo stesso tempo, gli statistici hanno nettamente rivisto al rialzo il tasso di risparmio interno, il che insieme alla bassa disoccupazione, ai tagli delle tasse e all’aumento della spesa pubblica possono indicare un ulteriore aumento della domanda dei consumatori. Per la prima volta da tanto tempo, l’offerta e non la domanda potrebbe diventare il “collo di bottiglia” dell’economia USA. Le conseguenze: pressione inflazionistica e prezzi più alti. Questo, a sua volta, spingerà molto probabilmente la banca centrale a farvi fronte con rialzi dei tassi, poiché avrebbe pochi argomenti per rimanere inattiva. Tuttavia, è probabile che un differenziale dei tassi d’interesse più alto rafforzi il dollaro. E, come abbiamo più volte sottolineato, un dollaro più forte probabilmente continuerà in linea di massima a pesare sulle azioni e obbligazioni dei paesi emergenti.

Da notare che si tratta di scenari possibili e non di sviluppi certi o previsioni definitive. La loro probabilità è comunque abbastanza grande da tenerli d’occhio e in mente.

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