Eni piace anche al principe saudita Mohammed bin Salman

Eni sotto i riflettori a Piazza Affari, complice la notizia riportata dal Wall Street Journal secondo cui il cane a sei zampe sarebbe, insieme a Equinor, Royal Dutch Shell e Total, una delle quattro major petrolifere in cui approfittando del crollo delle quotazioni di queste settimana il fondo sovrano arabo Public Investment Fund (Pif) avrebbe investito in tutto un miliardo di dollari. Non è nota la ripartizione degli acquisti, se non per Equinor (il quotidiano finanziario americano indica la cifra di 200 milioni di dollari).

Se l’investimento fosse avvenuto in proporzione alle rispettive capitalizzazioni avrebbe dovuto essere di circa 138 milioni di dollari in azioni Equinor, di 450 milioni in Royal Dutch Shell, di 298 milioni in Total e di 113 milioni in Eni. La cifra indicata dal Wsj per Equinor pare la conferma che l’investimento non è avvenuto in base alla sola capitalizzazione di mercato, ma che si possa comunque ipotizzare un investimento tra 80 e 130 milioni circa in azioni Eni, ossia non superiore allo 0,4% del capitale.

Pare dunque trattarsi di un semplice investimento di trading da parte del veicolo d’investimento che fa capo direttamente al principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (e che nel complesso gestisce attività per oltre 300 miliardi di dollari). Anche così l’operazione testimonia l’interesse delle “mani forti” per Eni ai livelli a cui oscilla da qualche seduta tra i 9 e i 10 euro, ad oggi superiori del 12,65% agli 8,375 euro della chiusura del 24 marzo scorso, quando avevamo suggerito di iniziare ad accumulare il titolo approfittando di eventuali fasi di debolezza.

Giudizio che ribadiamo anche oggi, tanto più che in giornate negative come quella di ieri (in cui il titolo ha chiuso in calo dell’1,4%) si notano cali dei volumi di scambio, a conferma della scarsa forza che hanno ormai le vendite, segnale dell’esaurimento della fase di riposizionamento strategico degli investitori istituzionali scattata a inizio marzo con l’emergere sempre più evidente del crollo della domanda di prodotti petroliferi causata dai provvedimenti di “lockdown” presi per rallentare l’espansione della pandemia di coronavirus in un numero sempre maggiore di stati al mondo.

Del resto nello stesso periodo il Brent è già tornato da circa 27,75 dollari al barile ai 33,5 euro attuali (+21% circa), mentre il Wti è risalito da 24 a 26,5 dollari al barile (+10% circa) anche sulla scorta di un possibile, ma finora non materializzatosi, accordo in seno all’Opec+ (che ha in calendario per oggi una videoconferenza straordinaria) tra Arabia Saudita e Russia per cessare la guerra commerciale che ha contribuito al crollo delle quotazioni, sulla spinta delle pressioni in tal senso esercitate dal presidente Donald Trump. Accordo sulla cui effettiva tenuta non mancano peraltro dubbi, sulla scorta della limitata “disciplina” mostrata in tal senso nel corso degli anni dai paesi aderenti al cartello viennese.

Il giudizio degli analisti per Eni

Nella loro più recente nota sul settore gli analisti di Equita Sim stimano un prezzo medio del Brent per l’anno corrente di 40 dollari al barile, destinato a risalire a 50 dollari al barile l’anno prossimo e a 55 dollari al barile nel 2022. Lo scenario petrolifero, spiegano gli esperti, resta “uno dei più negativi da parecchi decenni, una situazione più simile alla crisi del 1998/99, quando il Brent raggiunse un minimo a 9 dollari al barile”. Gli analisti aggiungono peraltro che Eni “affronta la crisi petrolifera appena avviata con un bilancio solido e un buon livello di breakeven di cassa” (la cosidetta “cash neutrality”) stimabile proprio in 40 dollari al barile dopo il recente annuncio di taglio degli investimenti del 25% e dei costi operativi per 400 milioni di euro.

Pertanto gli uomini di Equita Sim confermano il proprio “buy” su Eni, pur tagliandone del 20% il prezzo obiettivo a 12 euro per azione (equivalente implicitamente ad un multiplo P/E di 16 volte rispetto gli utili per azione ora previsti per il 2021), ribadendo anche come “il titolo sconti un prezzo del greggio nel lungo termine a 35-40 dollari al barile”, con dividend yield e free cash flow yield attorno al 9%. L’accumulo può dunque proseguire con supporti che nella giornata odierna sono segnalati a 8,95 in caso di prese di profitto, mentre una ripresa degli acquisti potrebbe riportare il titolo anche sui 9,9 euro per azione e poi eventualmente sui 10,15-10,20 euro per azione.

Eni in Borsa negli ultimi 12 mesi

A cura di Luca Spoldi, Cefa, 6 In Rete Consulting Ceo (www.6inrete.it)

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