Il paese degli orsi: consigli di sopravvivenza per investitori incauti

“Qui, in Regno Unito, è passato parecchio tempo dall’ultima volta in cui qualcuno si è imbattuto in un orso selvatico durante una passeggiata nei boschi. La documentazione in nostro possesso è scarsa ma è possibile che l’ultima persona ad avere visto un orso selvatico in Britannia sia stata un legionario romano, mentre con la sua compagnia di soldati avanzava guardingo negli angoli più impervi dell’Impero, quasi 2000 anni fa. Oggi, questa mancanza di esperienza diretta con gli animali selvatici che potrebbero rappresentare una minaccia letale, può provocare dei problemi quando i turisti britannici visitano i Paesi in cui gli orsi costituiscono ancora un rischio. L’abitudine a bassi livelli di rischio a casa propria induce all’autocompiacimento in nuovi contesti all’estero“. E’ quanto sottolinea Jonathan Gregory, Head of Fixed Income Uk di Ubs AM. Di seguito il suo commento.

Ho fatto trekking in alcune delle aree più selvagge del Nord America, con niente di più concreto per affrontare la situazione se non una vaga idea della regola di base in caso di incontro ravvicinato con un orso: “If it’s brown lie down, if it’s black fight back” (ovvero: “se è bruno sdraiati e fingiti morto, se è nero tieniti pronto a reagire”). Per fortuna non ho mai incontrato un orso a distanza ravvicinata; com’è facilmente intuibile dal fatto che sia ancora qui a raccontarlo. Ma mi sarei dovuto preparare meglio. Essere fortunati non è lo stesso che essere avveduti.

L’errata valutazione dei rischi di un particolare ambiente, che induce a non adottare precauzioni adeguate, rappresenta uno dei pericoli più temibili anche per gli investitori. Quest’affermazione si dimostra valida soprattutto oggi, in un momento in cui le misure politiche introdotte a ondate successive hanno protetto gli investitori dalla volatilità dei mercati, soffocando sul nascere molti dei potenziali mercati orso. I meno accorti potrebbero trarne la fallace conclusione che, in questo nuovo mondo, la maggior parte dei rischi sia stata eliminata.

Le obbligazioni societarie investment grade ne sono un esempio. Per essere chiari fin da subito: crediamo che le obbligazioni corporate offrano ancora un’opportunità interessante per gli investitori del segmento fixed income. A nostro avviso, nel 2021 gli utili delle aziende probabilmente rimbalzeranno in molti settori e il credito può ancora offrire un vantaggio appetibile, in termini di rendimenti, rispetto ai titoli governativi. Ciò premesso, le valorizzazioni attualmente indicano di certo estrema cautela e la necessità di essere molto selettivi nell’allocazione del rischio di credito in una strategia.

Il grafico di cui sotto illustra l’andamento degli spread delle obbligazioni corporate negli Usa durante gli ultimi 25 anni. Si tratta della differenza di rendimento tra il Bloomberg Barclays US Corporate Bond Index (un ampio universo di obbligazioni societarie) e quello dei Treasury Usa di duration equivalente. A destra, il grafico illustra dove ci troviamo oggi: a circa lo 0,95%. Percentuale che chiaramente si colloca verso la parte inferiore della forchetta in cui gli spread si sono mossi durante questo periodo. In altre parole, gli investitori vengono pagati verso la parte inferiore della forchetta, in premi di rischio prezzati dalla fine degli anni novanta. Ciò vale anche per i rendimenti; il rendimento dell’indice oggi è solo dell’1,86% e vicinissimo ai punti più bassi osservati negli ultimi 25 anni. In realtà, a livello aggregato, gli investitori in corporate bond raramente sono stati pagati meno in termini di premi di rischio o di reddito futuro atteso.

L’altro punto di rilievo del grafico è che, anche se gli spread hanno raggiunto questi bassi livelli in diverse occasioni nel passato, molte altre volte si sono invece ampliati notevolmente e i prezzi sono scesi con rapidità rispetto ai Treasury. Ho evidenziato alcune delle occasioni più rilevanti. Una caratteristica che questi eventi hanno in comune è l’imprevedibilità (nella maggior parte dei casi), l’altra riguarda la loro differente natura. È possibile osservare eventi idiosincratici che hanno condotto a momenti di “risk off” sistemico, ad esempio i default di Enron e del fondo Ltcm (Long-Term Capital Management hedge fund); o eventi globali che hanno provocato delle turbolenze sui mercati del credito statunitense, come ad esempio la crisi del debito sovrano europeo, la bolla tecnologica e, più di recente, la pandemia mondiale.

Ovviamente, sprazzi alterni di paura e avidità emergono con chiarezza sui mercati del credito così come su quelli azionari. Il nostro mantra è di essere cauti quando gli spread sono bassi e più aggressivi nell’allocazione sul credito quando le valorizzazioni sono economiche. In un certo senso contro-intuitivamente, i momenti più pericolosi nei mercati del credito possono verificarsi quando gli spread sono bassi e stabili, in quanto ciò incoraggia l’eccessiva assunzione di rischio nell’idea che “niente possa andare storto”. Nel 2005-2006 gli spread erano bassi e stabili ma il periodo si è concluso con l’esplosione degli spread più spettacolare della storia del credito, poiché nel sistema finanziario si è accumulato un eccesso di leva.

Tornando rapidamente al giorno d’oggi, gli spread si attestano su livelli simili. In generale regna l’ottimismo riguardo al fatto che il supporto delle banche centrali imporrà un tetto massimo alla volatilità sui mercati del credito, mentre un’enorme espansione della politica fiscale trainerà la crescita economica. Le cose potrebbero effettivamente andare così, ma segnaliamo che gran parte di tale ottimismo è già stato prezzato. Gli investitori pazienti dovrebbero puntare a sfruttare le periodiche impennate di volatilità sui titoli del credito, non risentirne.

In realtà, il grafico sottostima anche in parte i rischi dei mercati obbligazionari; durante lo stesso periodo la percentuale di tutti i titoli di credito con rating BBB – la qualità più bassa nello spettro del merito creditizio investment grade – è salita dal 26% al 50%4 e la sensibilità dei prezzi alla variazione dei rendimenti è salita (la duration è aumentata).

Le nostre strategie globali intendono bilanciare tutti questi rischi. Nel nostro scenario di base, le obbligazioni societarie dovrebbero offrire del rendimento incrementale rispetto ai titoli governativi; tuttavia, per gli investitori non si risolverà tutto in una tranquilla passeggiata nei boschi. Non è mai stato così. Quindi, siamo sottoponderati nelle aree con le caratteristiche peggiori in termini di rischio/rendimento; ad esempio, le obbligazioni societarie dell’Eurozona con rendimenti negativi che garantiscono una perdita, in termini reali, praticamente in ogni scenario ipotizzabile. Il Regno Unito è un’altra regione nella quale temiamo che una curva dei rendimenti molto piatta possa rappresentare un pericolo per gli investitori del credito. Preferiamo quindi le opportunità presenti negli Stati Uniti, più varie, e in alcuni Paesi dei mercati emergenti, come la Cina e l’India. Anche i settori utility etecnologia ci sembrano più interessanti rispetto ad alcune aree più cicliche dell’economia, vulnerabili a fronte di lockdown prolungati.

Non è il momento giusto per “sdraiarsi” sperando che le possibili sorprese passino oltre. A nostro avviso, un approccio più attivo, per “reagire” alle potenti forze strutturali che hanno provocato valorizzazioni tirate, rappresenta un’opzione migliore. In passato, il nostro approccio attivo alla gestione del rischio di credito si è dimostrato di grande aiuto nell’affrontare diversi mercati orso.

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