Commodities alle stelle

Ieri tutto il mondo era in attesa della relazione semiannuale di Bernanke sulla politica monetaria, tenutasi di fronte al Senato Usa. Risultato? Abbastanza deludente per chi si aspettava un colpo di spugna netto da parte del numero uno della Fed, che più che essersi comportato come un policy maker, che in un momento come questo, a nostro parere, dovrebbe dare la massima trasparenza possibile al mercato, si è comportato come un politico, ribadendo sostanzialmente i vecchi concetti, fin’ora ripetuti più volte. Cerchiamo di fare come nel gioco di trovare le differenze tra due vignette che sembrano, al primo sguardo, perfettamente uguali.

Le stime di crescita sono state riviste a rialzo dalla Fed, con un Pil atteso in una forchetta tra il 3.5% e 4.0%, mentre l’aumento dei prezzi del petrolio, sembra per ora non preoccupare più di tanto la Fed. Anzi, sembra che essendo un aumento stimato come temporaneo, gli effetti potrebbero essere relativamente modesti e verranno palesati soprattutto nel breve periodo. Non dobbiamo dimenticare che la Federal Reserve tiene in considerazione, nelle sue analisi, l’indice dei prezzi al consumo core, ossia depurato dal paniere alimentare ed energetico, e le aspettative su di esso sono ancora stabili ed ancorate al di sotto dei target fissati dall’istituto centrale.

Tuttavia, Bernanke ha dichiarato che la Fed monitorerà attentamente l’andamento dei prezzi delle commodities per evitare che le aspettative di rialzo dell’inflazione eccedano il 2%. Per quanto riguarda invece disoccupazione ed immobiliare, niente di nuovo: serve una stabilizzazione del mercato del mattone ed una creazione di posti di lavoro nel lungo periodo per sostenere la ripresa. Grazie per averlo ribadito, magari a qualcuno non era ancora chiaro. Il protagonista più atteso dell’appuntamento di ieri è mancato, ovvero un chiarimento sulle intenzioni della Fed circa le mosse relative alla fine del QE, che dovrebbe terminare a giugno. Non si è esplicitato né se vi sarà effettivamente il termine, né che mosse si prevede di fare una volta ritirato lo stimolo monetario.

 

EurChf – grafico 4 ore

La volatilità dei mercati è aumentata in seguito alle parole del presidente della Fed e le borse americane hanno accelerato il movimento a ribasso, causato anche dalle tensioni geopolitiche che non accennano a migliorare (anzi, il timore di possibili ulteriori peggioramenti sono sempre più dietro l’angolo). I prezzi del petrolio si sono riportati su soglie alte, con il WTI che ha toccato nuovamente quota 100 dollari al barile ed il Brent che ha invece raggiunto e superato 115.00.

L’oro non accenna a fermare la sua corsa ed ha fatto segnare i nuovi massimi storici, con il maggior prezzo offerto toccato a 1.435.20 e l’argento che lo ha seguito di pari passo, andando a raggiungere 34.75. Le potenzialità di ulteriore salita dei metalli preziosi, ora che siamo nella terra di nessuno, sono concrete; prendiamo come riferimento gli ultimi massimi come livelli di resistenza oltre i quali poter cominciare a considerare entrate long.

Andiamo ora a compiere il solito sguardo ai cambi maggiormente utilizzati dal mercato.
Incominciando ancora una volta dal cambio eurodollaro il primo spunto interessante che possiamo trarre è sicuramente dato dal forte livello di resistenza che gravita intorno a 1.3860, toccato e confermato ancora una volta ieri prima di dare il via ad un ritracciamento che nelle prime ore di questa giornata è risultato sino ad un massimo di una figura esatta.

Come già evidenziato ieri non ci rimane che attendere un eventuale test del più importnante livello di supporto in area 1.37-1.3710 per valutare se l’inversione, sino a qui mostrata, possa subire un’accelerazione ancora superiore. Nulla di nuovo, ultimamente sembra un’abitudine, giunge dal cambio UsdJpy.

Se andiamo ad osservare gli scostamenti delle ultime quattro giornate di trading i prezzi stanno fluttuando all’interno di un range compreso in 60 punti esatti, essendo 81.60 ed 82.20 rispettivamente supporto e resistenza. In questi casi strategie di pullback, successivamente ad una rottura, lasciano spazio a posizioni di breakout. I due livelli obiettivi sono rispettivamente suggeriti da 81.10 e 82.50, dove già ieri abbiamo indicato il transito della media mobile esponenziale di lungo e dove è possibile riconoscere un’area di congestione durante i primi giorni di febbraio.

Il cambio EurJpy ha ritracciato, dai massimi di ieri a 113.65, seguendo perfettamente il movimento compiuto dalla moneta unica. Questo ci riporta a distanza di possibile raggiungimento, anche nelle prossime ore, di quel supporto chiave che è rappresentato dall’area di congestione prossimo a 112 figura. Questa zone potrebbe coincidere con 1.37 di eurodollaro ed anche in questo caso fornire l’idea di uno storno più importante di quello che ci si potrebbe attendere.

Il cable ieri è finalmente riuscito a giungere sopra l’area di massimo di 1.63, dopo più di un anno. Abbiamo altresì visto come non ci sia stato un consolidamento della posizione ed anzi sono, dopo due test perfetti di 1.6325 a distanza di poche ore, incominciate le vendite. Per giudicare se si tratti di inversione potrebbe essere interessante osservare la tenuta del supporto di 1.6210: non un livello a caso ma il minimo già rispettato un’ora esatta fa, suggerito dalla media di lungo su grafico orario e soprattutto dalla prima percentuale di ritracciamento di Fibonacci dell’ultima ondata rialzista del cambio compresa fra 1.6040 e 1.6325 appunto.

Uno sguardo veloce, rimanendo a parlare di sterline, al cambio EurGbp indica come sino ad ora il mercato abbia rispettato il supporto intravisto anche ieri prossimo a 0.8465. Questa potrebbe essere solamente una tenuta temporanea dato che la tendenza incominciata dai massimi di fine settimana scorsa indica che se non dovesse avvenire il superamento di 0.8490, come resistenza statica in veloce discesa, nel breve la tendenza potrebbe risultare ulteriormente sfavorevole alla moneta unica e condurre all’altro supporto chiave di 0.8445 prima di uno scivolone ancora maggiore.
Concludiamo con un aggiornamento sull’evoluzione del franco svizzero che, dopo una breve parentesi di indebolimento, torna in forze nei confronti dei suoi principali antagonisti.

Il cambio EurChf ha raggiunto perfettamente il livello di resistenza di 1.2890, confermandone l’importanza e dando il via ad una discesa piuttosto profonda che in una giornata ci catapulta di nuovo al tentativo di rottura del più importante livello di supporto posto a 1.2730. Ancora una volta ci sentiamo di considerare questo come più importante livello in grado di mutare lo scenario del cambio.

Anche il cambio UsdChf ha confermato di avere un livello di resistenza importante, in 0.9320, dal quale dipende la già precaria situazione. Al di sotto di questo infatti la ricerca di nuovi minimi inferiori al precedente, 0.9225 visto giovedì scorso, è sempre in agguato.

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