Mercati Emergenti e presidenza Trump: nessun motivo di panico

commento di Mark Mobius – Franklin Templeton Investments

La vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali americane comporta numerose potenziali
implicazioni per i mercati di tutto il mondo, inclusi quelli emergenti. Quando è diventato chiaro che
Trump sarebbe risultato il vincitore, i mercati azionari hanno espresso lo shock provato da molti
investitori americani ed i mercati emergenti hanno evidenziato una particolare volatilità. Le relazioni
tra Stati Uniti e Messico, la seconda maggiore economia latinoamericana, sono state uno dei punti
focali della campagna di Trump, che ha promesso tra l’altro di rafforzare il confine con la
costruzione di un muro per limitare l’immigrazione e di abrogare l’Accordo nordamericano per il
libero scambio (NAFTA), in cui rientra anche il Canada. Il giorno dopo le elezioni, la vittoria di
Trump ha provocato un crollo del peso messicano ai minimi storici rispetto al dollaro statunitense
ed il mercato azionario messicano ha anch’esso subito una flessione, così come quasi tutti gli altri
mercati latinoamericani.
Sebbene i mercati globali siano destinati a rimanere volatili per un certo periodo di tempo, a causa
dell’incertezza gravante sulle potenziali politiche statunitensi sotto una presidenza Trump, ritengo
che dobbiamo fare qualche riflessione e concludere che gran parte della retorica che ha
caratterizzato la campagna elettorale potrebbe non tradursi in misure concrete. Tra coloro che
prendono alla lettera le dichiarazioni così come fatte da Trump durante la campagna elettorale,
molti si aspettano l’adozione di politiche estreme. Ritengo tuttavia che alcuni esprimano un
pessimismo e dei timori non giustificati alla luce della natura dell’economia e del sistema politico
degli Stati Uniti, caratterizzato da un insieme di meccanismi istituzionali volti ad assicurare
l’equilibrio tra i vari poteri, che rimane tuttora saldo. Certamente, qualora Trump riuscisse a
conseguire il livello di robusta crescita economica che si è impegnato ad assicurare al paese,
riteniamo che altre nazioni, compresi il Messico ed altri mercati emergenti, siano destinate a trarre
benefici.
Personalmente, non sono rimasto tanto sorpreso dalla vittoria di Trump. Abbiamo già visto gli
elettori esprimere esautorazioni dei partiti tradizionali in Europa ed in altri paesi del mondo
analoghe a quella che si è ora manifestata negli Stati Uniti. In particolare, molti sondaggi preelettorali
non avevano colto interamente l’insoddisfazione degli americani che vivono in aree rurali
economicamente depresse del paese. Spero che come imprenditore ed autoproclamato uomo
d’affari, Trump riesca ad arrivare a soluzioni positive, quali accordi commerciali che potrebbero
essere bilaterali e non più multilaterali (p. es. il NAFTA). Come imprenditore, Trump dovrebbe
essere a suo agio nel condurre trattative con altri paesi e ritengo che possa riuscire a raggiungere
alcuni accordi commerciali e finanziari in grado di soddisfare entrambe le parti. Per esempio,
potrebbero essere istituiti nuove relazioni e scambi commerciali con la Russia, un paese che è
stato al centro delle attenzioni pre-elettorali di Trump. Potrebbero esserci impatti positivi per vari altri paesi emergenti, non soddisfatti delle rigide regole generali degli accordi multilaterali. Inoltre, la
possibilità d’imposte più basse e di un contesto più favorevole al mercato negli Stati Uniti potrebbe
indurre le società statunitensi a dimostrare maggiore dinamismo sul fronte non soltanto
dell’espansione interna ma anche di quella internazionale, soprattutto nell’universo dei mercati
emergenti a crescita elevata. Se dovessi comunicare una proposta al nuovo presidente degli Stati
Uniti, gli chiederei di accelerare gli accordi di libero scambio e libertà d’investimento con i paesi di
tutto il mondo.
Un’elezione comporta sempre vincitori e vinti. Il nostro compito, quali gestori degli investimenti, è
di far fronte a questi periodi di shock e stabilire quali paesi e società siano in grado di sopravvivere
ed emergere più forti. Naturalmente, dobbiamo essere selettivi. Nel complesso, rileviamo ancora
molte motivazioni interessanti per gli investimenti nei mercati emergenti in generale, tra le quali
tassi di crescita elevati, politiche fiscali solide e tendenze demografiche positive. Come hanno
dimostrato le elezioni negli Stati Uniti, le sorprese possono verificarsi ovunque. Durante questa
fase di elevata volatilità dei mercati, noi del Templeton Emerging Markets Group riteniamo che sia
importante per gli investitori ragionare in un’ottica di lungo periodo, senza lasciarsi influenzare
dalla volatilità nel breve termine, che probabilmente continueremo ad osservare nei mercati
emergenti.

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