Inflazione Usa superiore alle stime: possibili ritardi per il primo taglio dei tassi

Alla fine la cautela espressa dai decisori di politica economica in merito al ridimensionamento dell’inflazione ha trovato riscontro nel nodale dato di ieri inerente i prezzi al consumo in USA per dicembre. L’economia statunitense chiude l’anno con un seppur lieve rimbalzo nei prezzi al consumo (+3,4% contro 3,2% atteso e 3,9% nella componente “core” contro 3,8% atteso) che pur non spostando di molto il bilancio di un anno fortemente deflazionistico, ha lanciato un monito ai mercati forse fin troppo esuberanti nel prevedere una facile corsa nell’ultimo milgio che ci separa dall’ambizioso target fissato al 2 per cento.

Immediate le prese di posizione di alcuni eminenti portavoce delle Banche Centrali su entrambe le sponde dell’Atlantico: se Loretta Mester (Cleveland Fed) ridimensiona immediatamente le aspettative per un primo taglio dei tassi già a marzo indicando la tempistica come prematura, dall’altro capo la nostra Lagarde riafferma che una discussione su una riduzione dei tassi in Europa (il cui primo intervento è largamente atteso per aprile) potrà aprirsi solo nel momento in cui si avranno incontestabili segnali che l’inflazione si sta portando verso quota 2 per cento.

La reticenza delle banche centrali a lasciare troppo spazio a speculazioni di carattere espansivo si è poi riverberata anche in Cina, dove la PboC continua a rimanere esitante nel confermare un pieno supporto all’economia del Paese,  malgrado una situazione decisamente differente da quella occidentale, con i dati su prezzi al consumo (-0,3% m/m) ed alla produzione (-2,7% m/m) a dicembre che confermano il ripido sentiero deflazionistico intrapreso dal Dragone.

A questo proposito basti pensare che non solo l’indice dei prezzi al consumo ha messo a segno con dicembre la serie negativa più prolungata a far data dal 2009, ma anche l’importante componente legata ai prezzi delle esportazioni si attesta sui minimi dal 2006, senza tuttavia aiutare le esportazioni del Paese.

I dati commerciali di questa mattina infatti sanciscono il primo declino su base annua delle esportazioni cinesi dal 2016 (un calo del 4,6% da un livello tuttavia record l’anno precedente segnato sull’onda delle riaperture post-pandemiche e del forte incremento della domanda su base internazionale) accompagnato da una contrazione sull’anno delle importazioni pari al 5,5 per cento.

A cura di Michael Palatiello, ad e strategist di Wings Partners Sim

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