L’asset allocation di Notz Stucki per i prossimi mesi

A cura di Giacomo Calef, country manager di Notz Stucki

Dopo l’annus horribilis del 2018, in cui tutte le asset class hanno chiuso in territorio negativo, come tutti ricordiamo (o dovremmo ricordare), il 2019 si sta concludendo positivamente, con una performance dei mercati azionari globali attorno al +25% (MSCI WORLD). Nel corso dell’anno abbiamo visto come ancora i fattori di rischio globale già previsti nel 2018 abbiano esercitato pressioni sulla volatilità, con riferimento in particolar modo alle tensioni commerciali, la Brexit e il rallentamento economico generalizzato.

Tuttavia, i mercati hanno comunque continuato a correre, grazie all’atteggiamento espansivo delle banche centrali. Basti osservare il grafico sopra rappresentato: il numero delle banche centrali che hanno tagliato i tassi negli ultimi tre mesi ad oggi risulta significativamente superiore rispetto a quelle che hanno effettuato un rialzo. In particolar modo menzioniamo la FED, che ha abbassato tre volte il costo del denaro, e la BCE, che ha messo a punto un pacchetto di misure monetarie di stimolo, comprendenti tra le principali il TLTRO, il taglio del tasso sui depositi e la ripresa del QE. Ma ora il 2019 volge al termine, pertanto è tempo di valutare come affrontare l’anno venturo.

Liquidità

In un contesto caratterizzato da un grande ammontare di obbligazioni che rendono zero o addirittura perdono di valore poiché offrono rendimenti negativi, la liquidità può considerarsi a tutti gli effetti un’asset class, almeno finchè non verranno applicati i tassi negativi sui conti di deposito.

Obbligazionario

Per quanto riguarda il comparto obbligazionario, invece, riteniamo che sull’Investment Grade (principalmente in euro) continuerà ad esserci poco valore, dato che i rendimenti sono minimi, pertanto si potrebbe pensare di cristallizzare una parte del profitto su quest’asset class. L’alternativa, dunque, potrebbe essere quella di posizionarsi maggiormente su strategie Long/Short, che hanno comunque un’esposizione ridotta verso l’azionario, mantenendo una moderata volatilità e puntando a conseguire un rendimento positivo.

Azionario

Infine sull’azionario, almeno sul breve termine, abbiamo una view leggermente più positiva. Da un lato la tregua sui rapporti commerciali tra USA e Cina hanno reso più attraenti i titoli azionari dei Mercati emergenti, mentre dall’altro, una minor incertezza sulla Brexit ed un governo “pro-business” potrebbe favorire l’equity del Regno Unito. A livello di portafoglio azionario, fermo restando il mantenimento di un approccio selettivo e opportunistico, è importante seguire un’importante direttiva: guardare l’evoluzione e la crescita dei profitti delle aziende.

Usa – Cina: il punto della situazione

La scorsa settimana ci eravamo lasciati con l’approvazione di Trump della fase uno dell’accordo commerciale (complessivo) da definire con la delegazione cinese. La tanto attesa conferma da parte della Cina non si è fatta attendere, perciò, ora, proviamo a fare un recap della situazione attuale. Nella giornata di Domenica 15 Dicembre gli USA avrebbero dovuto applicare dazi al 15% su un controvalore di circa 160 miliardi di dollari di prodotti cinesi, ma ciò non è accaduto, per la gioia dei mercati. Inoltre, gli Stati Uniti hanno dimezzato le tariffe applicate il primo di Settembre dal 15% al 7,5% su 120 miliardi di prodotti cinesi. Tuttavia, il dazio del 25% sulla tranche di 250 miliardi dovrebbe, per il momento, rimanere tale. Da parte di Pechino, invece, il 15 Dicembre non è stata adottata, come conseguenza, la contromisura di risposta pari al 25% di tariffe sulle auto importate dagli Stati Uniti.

Dal punto di vista della Cina, la fase uno dell’accordo dovrebbe prevedere almeno due provvedimenti sostanziali. Il primo dovrebbe portare a maggior importazioni di beni americani, con riferimento ad agricoltura, manifattura e servizi. E in particolar modo, il focus principale sarebbe quello di aumentare a 40 miliardi di dollari l’acquisto di beni agricoli nel giro di due anni. Tuttavia, si tratta di un traguardo non semplice da raggiungere. Si pensi che la Cina dovrebbe addirittura comprare il doppio rispetto al periodo precedente la guerra dei dazi, nonché ben quattro volte rispetto ad ora. Anzi, facciamo una precisazione. I semi di soia, che rappresentano circa la metà degli acquisti in prodotti agricoli, ora costano di meno, quindi in realtà le quantità da comprare rispetto a prima dovrebbero aumentare ancora di più per colmare il gap dovuto alla riduzione di prezzo. Inoltre, un’epidemia ha decimato gli allevamenti in Cina, riducendo così il fabbisogno di soia per gli animali, pertanto per questo prodotto ci sarà meno domanda. Il secondo provvedimento, invece, riguarda una problematica che la Cina si dovrà impegnare a risolvere, ovvero la questione della proprietà intellettuale. Il governo, pertanto, non dovrebbe più imporre alle aziende americane di dare il loro accesso alla propria tecnologia in cambio di poter operare nel mercato domestico cinese.

Tuttavia, dal momento che dall’ingresso nel 2020 ci avvicineremo verso le elezioni presidenziali americane, le vicende riguardanti la trade war potrebbero passare più in secondo piano, anche se continueranno a rappresentare un fattor di rischio, soprattutto perché potrebbe spostarsi su altri fronti. Ad esempio la Germania sta pensando di escludere dalla partecipazione alla costruzione della rete 5G le società che rischiano di essere influenzate da ingerenze dello Stato di appartenenza. Ciò allude indirettamente a società come Huawei, tanto che la Cina ha risposto che ci potrebbero essere delle ripercussioni, minacciando di imporre dazi sulle automobili tedesche. E si consideri che quest’ultime rappresentano la maggior parte dell’export della locomotiva d’Europa, considerando oltretutto che il mercato cinese è quello principale per i produttori di auto come Volkswagen, Daimler e BMW.

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